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Lezioni di vita e di marketing

Ogni settimana incontro albergatori che hanno capito che nella loro attività c’è qualcosa che non va ma sono come bloccati dai loro limiti.

E non parlo solo di limiti economici e di risultato.

Spesso sono bloccati dai condizionamenti altrui.

Della famiglia, dei competitor, del loro gruppo di pari.

Portano avanti metodi vecchi di anni, solo perché “si è sempre fatto così”.

Nonostante questi “metodi” abbiano smesso di funzionare da anni.

E questo blocco o paura si manifesta in ogni scelta: da quelle più piccole del quotidiano a quelle più importanti a livello strategico.

Si bloccano quando devono abbassare o alzare un prezzo “di troppo” rispetto allo status quo, si bloccano quando devono investire in un nuovo strumento che migliorerebbe il loro lavoro e la loro vita.

E si bloccano ancora di più quando devono buttarsi su un nuovo target, cambiare nome alla struttura, comunicare in maniera diversa.

Hanno paura di scontentare “i vecchi clienti”, anche se ormai per accontentarli hanno smesso di essere realizzati loro.

Ora, capiamoci.

L’esperienza è importante, la cultura del passato è importante, i fondamentali del mestiere lo sono.

Senza quelli non si va avanti e noi qui lo ripetiamo OGNI GIORNO.

Ma il mondo va avanti.

Cambia sempre più velocemente.

E lo fa soprattutto grazie alle persone che hanno il coraggio di mettersi in discussione e accettano di cambiare per accettare nuove sfide.

Oggi voglio condividere una cosa che dico sempre ai miei studenti privati:

“Se fai le stesse cose da 30 anni, NON hai 30 anni di esperienza.

Hai UN ANNO di esperienza. Ripetuto 30 volte.

Quindi, se vuoi davvero metterti in discussione, imparare strategie avanzate per il successo del tuo hotel e confrontarti con altri 100 albergatori animati dalla tua stessa voglia di migliorare e fare la differenza, unisciti a noi al corso di settembre.

Ma prima leggiti questo pezzo, fai un bel respiro, libera la mente e rimettiti al comando del tuo hotel e della tua vita.

“Sii a tuo agio con la tua diversità. Non devi adattarti. Non devi per forza essere come tutti gli altri. Non adattarti se ti fa male. Non aver paura di abbracciare la tua natura più autentica. Non aver paura di come ti vedrà il mondo. Mentre gli altri cercano di adattarsi al mondo, fa che sia il mondo ad adattarsi a te.

Diventa insensibile all’influenza delle opinioni altrui ed ergiti dritto sulle tue idee. Sicuro nel sapere che mentre gli altri si sono accontentati del quotidiano, tu hai esplorato l’eccezionale. Se non ti interessa mostrare il tuo lavoro al resto del mondo, nonostante la voce del tuo critico interiore, allora sei già sulla buona strada.

Non smettere di esercitare il tuo diritto a provare qualcosa di nuovo e cambiare la routine per migliorare le cose, renderle più veloci, più belle. C’è sempre un’opzione migliore. Prendi l’abitudine di mettere in discussione le regole, sii curioso e individua l’ambito in cui provare qualcosa di diverso, il luogo in cui aprire una finestra. Resterai sorpreso delle tue capacità.

Le cose possono solo migliorare.”

P.S. Il 31 marzo si avvicina e l’offerta lancio sta per scadere…

Clicca qui

https://www.albergatorepro.com/evento-albergatore-pro-2017/

“Un uomo è incline a badare ai suoi affari quando ne vale la pena. In caso contrario, distoglie la mente dai suoi affari insignificanti, iniziando a farsi quelli degli altri” – Eric Hoffer


Il desiderio di piacere ed essere accettati è insito nella natura umana, da qui deriva la folle ricerca del conformismo. Ma si deve compiere uno sforzo consapevole per infischiarsene. Per liberare noi stessi. È una capacità che richiede pratica, come qualsiasi altra abilità. Quando avrai compreso davvero come lasciare andare, vedrai il mondo da una prospettiva totalmente diversa.

Il mondo ti dice continuamente che tutto ciò che sei non servirà a renderti felice. Gli altri hanno un lavoro “magnifico”, un’auto più bella, una nuova casa più grande ecc. Dare importanza a tutto quello che il mondo vorrebbe per te ti rende più infelice, a causa delle cose che non sei o che non hai.

Non concentrare la tua vita e le tue energie nell’inseguimento di un miraggio. Causerà problemi di salute mentale che di certo non vuoi. Probabilmente sei troppo impegnato a occuparti di così tante cose intorno a te da aver praticamente smesso di vivere. Il segreto per la vita positiva di cui hai bisogno è concentrarsi sugli elementi importanti per la tua crescita, per la carriera e per il benessere generale.

Quando inizi a fregartene di quello che pensa la gente, la tua sicurezza arriverà alle stelle più velocemente di quanto immagini. Inizierai a credere in te stesso, a quello che puoi offrire al mondo senza lasciare che le influenze esterne ti frenino o condizionino le tue decisioni.

Continuando a desiderare ardentemente di essere come qualcun altro, ti sentirai sempre più immeritevole. Continuando a desiderare ardentemente di essere più felice, ti sentirai sempre più solo nonostante le persone meravigliose che ti circondano. La resistenza mentale, la felicità, la capacità di vivere la propria vita a pieno derivano dal saper riconoscere le cose per cui preoccuparsi e, cosa ancora ancora più importante, quelle per cui non preoccuparsi.

Mark Manson del NYTimes, autore di “The Subtle Art of Not Giving a Fuck” lo spiega meglio:

In realtà, la capacità di riservare le nostre attenzioni solo alle situazioni realmente meritevoli renderebbe la nostra vita molto più semplice. Il fallimento ci sembrerebbe meno spaventoso. Il rifiuto meno doloroso. Le incombenze sgradevoli sarebbero più piacevoli e i bocconi amari sarebbero un po’ più saporiti. Voglio dire, se riuscissimo a fregarcene di meno, o ad avere delle preoccupazioni consapevolmente indirizzate, la vita ci sembrerebbe davvero più facile.

Dimentica (e proteggi) le tue debolezze. Gioca sui tuoi punti di forza.

È più facile giocare sui propri punti di forza. Non cercare di compensare i tuoi punti deboli.

Ci sono buone probabilità che tu stia prestando troppa attenzione alle informazioni negative. Ci sono milioni di persone preoccupate, che pensano continuamente a come liberarsi delle proprie debolezze.

E se, invece, invertissi la rotta e iniziassi a concentrarti sui tuoi punti di forza? La dura verità è che forse non supererai mai le tue debolezze ma potresti apportare cambiamenti significativi al modo in cui vivi e lavori, se ti concentri sulle tue abilità. Il segreto non è cambiare ciò che sei, ma diventare ancora di più te stesso. Riconosci le tue debolezze e accettale: accogli le tue paure, i tuoi errori, le tue incertezze. Inizia ad affrontare la verità dolorosa e brutale su te stesso.

In uno studio della Harvard Business Review, è stato sottolineato che mentre le persone ricordano le critiche ricevute, la consapevolezza dei propri errori non si traduce sempre in una performance migliore.

Inoltre, si è scoperto che conoscere i propri punti di forza consente di comprendere meglio come gestire le proprie debolezze e aiuta ad acquisire la sicurezza necessaria ad affrontarle.

Ti consente di dire “Sono bravissimo come leader, ma con i numeri sono un disastro. Quindi, anziché darmi ripetizioni di matematica, datemi un socio bravo con i conti”.

Invece di preoccuparti delle cose in cui non eccelli, e fare di tutto per riuscire, perché non giochi sui tuoi punti di forza? Non si può essere bravi in tutto. Anzi si può, ma di certo non si riesce ad eccellere in ogni cosa.

“Quando permettiamo a noi stessi di esistere per davvero, completamente, punzecchiamo il mondo con la nostra visione e lo sfidiamo con il nostro personale modo di essere” – Tommaso Moro.

Sii a tuo agio con la tua diversità. Non devi adattarti. Non devi per forza essere come tutti gli altri. Non adattarti se ti fa male. Non aver paura di abbracciare la tua natura più autentica. Non aver paura di come ti vedrà il mondo. Mentre gli altri cercano di adattarsi al mondo, fa che sia il mondo ad adattarsi a te.

Diventa insensibile all’influenza delle opinioni altrui ed ergiti dritto in una moltitudine di idee. Sicuro nel sapere che mentre gli altri si sono accontentati del quotidiano, tu hai esplorato l’eccezionale. Se non ti interessa mostrare il tuo lavoro al resto del mondo, nonostante la voce del tuo critico interiore, allora sei già sulla buona strada.

Non smettere di esercitare il tuo diritto a provare qualcosa di nuovo e cambiare la routine per migliorare le cose, renderle più veloci, più belle. C’è sempre un’opzione migliore. Prendi l’abitudine di mettere in discussione le regole, sii curioso e individua l’ambito in cui provare qualcosa di diverso, il luogo in cui aprire una finestra. Resterai sorpreso delle tue capacità. Le cose possono solo migliorare.

In un mondo dove tutti seguono le regole, nessuno ha il tempo per prestare attenzione. Le persone fanno praticamente sempre le stesse cose. Cosa c’è di tanto interessante: niente. A nessuno importa il fatto che tu ti stia facendo in quattro per portare a termine il tuo lavoro.

Hai portato a termine il tuo compito? È tutto quello che i tuoi superiori e il tuo capo vogliono sapere. Sei parte di un processo e, se funziona, devi restare lì e fare il tuo lavoro. Le persone che hanno sconvolto il mondo hanno creato le loro regole nonostante l’enorme resistenza. Ma lo hanno fatto lo stesso.

Conosci te stesso. Accetta te stesso. Sii te stesso.

“Il mio grande errore, la colpa per la quale non posso perdonare me stesso, è che un giorno ho cessato la ricerca ostinata della mia individualità” – Oscar Wilde.

Non aspettare l’approvazione. Chiedi la comprensione, non il permesso. L’unico ostacolo che t’impedisce di compiere imprese straordinarie sei tu. Se vuoi fare qualcosa di straordinario non parlarne soltanto, fallo.

Prendi il comando della tua vita. Se non sei soddisfatto del presente, fai qualcosa di diverso. La tua vita non cambierà se tu non crei quel cambiamento. Se ti senti tranquillo fuori dalla tua “zona di sicurezza” stai già facendo un buon lavoro.
Smettila di preoccuparti per ciò che non sei e inizia a vivere! La tua vita migliorerà sensibilmente se ti preoccuperai meno delle opinioni altrui, e inizierai a preoccuparti solo di ciò che tu pensi di te stesso.

Questo pezzo è stato pubblicato su Huffpost Usa ed è stato tradotto da Milena Sanfilippo


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TownHouse Hotels e il posizionamento del lusso informale

Scusami se in questi giorni sono un po’ assente ma ho davvero un mondo di cose da fare e 3 eventi ravvicinati da preparare.

Per la cronaca:

Be-Wizard – Rimini 1 aprile
Fiera Bit – Milano 2-4 aprile
Hospitality Restart – Tropea 6-7 aprile

Detto questo, prima che mi dimentichi, ho vissuto un’esperienza che mi ha dato un bello spunto di marketing che vorrei condividere con te che sei il mio compagno di viaggio virtuali.

Settimana scorsa sono stato in visita al gruppo Townhouse hotels.

Ora, per chi non lo conoscesse, TownHouse hotels è un gruppo di hotel di lusso tra Milano e Torino (e Montegridolfo).

In particolare gli hotel che ho visitato a Milano si trovano esattamente nel CUORE della citta tra Duomo e Galleria Vittorio Emanuele II.

Immagina il massimo della Milano “pettinata” e capirai facilmente il contesto in cui si collocano.

Ecco.

In un contesto del genere puntare sul segmento lusso è sicuramente una scelta sensata.

Clienti internazionali, altospendenti, in cerca di una foto ricordo da cartolina con vista duomo, direttamente in bocca alle migliori boutique.

Ma c’è un però.

I concorrenti sono i MIGLIORI BRAND al mondo nel segmento luxury hotels.

– Park Hyatt
– Sheraton
– Four seasons
– Mandarin oriental

Quindi?

Come si fa a competere con 4 MOSTRI SACRI del genere con BRAND riconosciuti nel mondo?

Bella sfida.

Ma dopo pochi minuti parlando con Desiree Brunet (room division manager del gruppo) non ho potuto fare a meno di fare domande e sprigionare i cavalli del branding rinchiusi nella stalla del mio cervello.

Da dove partiamo?

Dal target, come da manuale.

Attualmente la maggior parte dei clienti sono appunto internazionali, arabi in particolare.

E che caratteristiche hanno gli arabi a parte il fatto di essere MOLTO ricchi?

Adorano la LIBERTÀ.

Intesa come la libertà di potersi comportare come a casa propria, in qualsiasi contesto.

Per farvi un esempio, mia moglie Fato Bacucina, che è marocchina, ADORA i grandi brand ma allo stesso tempo è capacissima di andare a a fare la spesa con le pantofole da casa a forma di orso perché “sta più comoda così”.

Ora, in che modo è possibile sfruttare questa caratteristica per fare marketing?

Seguimi un attimo.

È evidente che per quanto siano bellissimi hotel, in posizioni SUPER, gli hotel del gruppo in questione sbiadiscono in confronto al NOME delle catene sopra-citate.

Quindi cosa può influenzare la scelta della moglie di uno sceicco con budget di spesa ILLIMITATO?

Cosa può portare una principessa a scegliere una piccola catena italiana rispetto ad nome che significa prestigio in tutto il mondo?

Semplice: trovare un prodotto o servizio più allineato con i propri valori.

E qui scatta la carta dell’informalità.

Perché per quanto rappresentino il GOLD STANDARD per il servizio, le catene di lusso di cui sopra, prevedono una certa etichetta nei comportamenti, anche da parte dei clienti.

Mentre un gruppo “indipendente” può permettersi di offrire la possibilità, a chi spende 1.000 € a notte, di vivere l’hotel, le zone comuni, la sala colazione e il rapporto con lo staff, esattamente come se fosse a CASA PROPRIA.

E questo Desireè lo sa benissimo.

E considerando la parola house nel nome, anche chi ha ideato il progetto aveva le idee chiare.

Si potrebbe mettere a fuoco in maniera più chiara il concetto e comunicarlo in maniera NETTA su sito, social e via mail?!

Probabilmente si.

Ed è esattamente quello che ti consiglio di fare se ti trovi in una situazione simile.

Se invece la tua situazione è diversa, particolare o complicata, NO problem.

Hakuna matata.

Mancano 4 giorni alla scadenza dell’offerta lancio del corso Albergatore Pro di settembre.

Ti basta cliccare sul link qua sotto e prenotare il tuo posto in sala per accedere alle più avanzate strategie di marketing strategico che ti consentiranno di stampare a fuoco il tuo brand in testa ai tuoi clienti target mentre i tuoi competitor cercano di “accontentare un po’ tutti”.

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Se lavori un hotel di lusso (ma anche no) questo post è per te

Come ogni giorno alle 17.00, anche oggi il cielo di Kuala Lumpur ha scaricato il consueto temporale tropicale.

Solo che oggi a quell’ora io e mia moglie stavamo visitando i giardini botanici ed eravamo distanti da qualsiasi fermata metro, bus o taxi.

Si aggiunga che io, come sempre, avevo la batteria scarica e mia moglie non ha fatto la scheda sim locale.

In pratica eravamo disconnessi dal mondo sotto un temporale, a qualche chilometro dal nostro hotel.

Cosi, appena usciti dal parco, mentre io ero intento a guardare per aria le insegne degli hotel delle varie catene, immaginandomi come gestiscono i walk-in e gli up-selling, mia moglie ha preso in mano la situazione.

È entrata al St.Regis e ha chiesto aiuto al concierge.

Ora, per chi non lo sapesse, il St.Regis è il gruppo di hotel 5 stelle lusso, di proprietà di Starwood.

Conosciuti come “gli hotel delle star”, gli hotel del gruppo St.Regis sono di quegli hotel che se provi anche solo ad avvicinartici in Italia senza una Maserati, ti fanno sentire talmente povero che ti passa la voglia di vivere.

Ma in Malesia è andata diversamente.

Appena entrata, mia moglie ha spiegato la nostra emergenza telefoni e ha chiesto un codice wi-fi.

Il concierge ha chiesto il nostro numero di camera e nell’attimo stesso in cui ho capito cosa diceva (!), io ho girato i tacchi, pronto ad uscire con la mia maglietta bagnata e tornare nel mondo dei comuni mortali.

Invece, colpo di scena.

Quando mia moglie ha detto che non soggiornavamo in hotel, il concierge ci ha fatti accomodare, ha recuperato un codice ospiti e ha provveduto personalmente a loggare il nostro telefono alla rete wi-fi.

Mentre armeggiava al telefono, mia moglie gli ha spiegato che le serviva per chiamare un auto con Uber (Uber, non il LORO costosissimo servizio di limousine!) e lui si è offerto di chiamare l’auto per noi.

Lei ha ringraziato ma ha detto che preferiva fare da sola per non so quali statistiche e punti che deve accumulare (è fissata!).

Una volta confermata la chiamata dell’auto, il concierge si è messo dei guanti bianchi in cotone (non chiedermi perché) ed è uscito dicendo che avrebbe chiesto al bell-boy di avvisarlo quando l’auto sarebbe arrivata.

Per evitare che ci bagnassimo con la pioggia.

Noi, abbiamo solo dovuto aspettare.

E io sono rimasto talmente estasiato dal mix di disponibilità e professionalità che non mi sono nemmeno permesso di sedermi sulla splendida poltrona “Divani Natuzzi” per evitare di rovinarla coi miei pantaloncini bagnati.

Una volta arrivata l’auto, il concierge è uscito con noi e ha provveduto personalmente ad aprirci la portiera e salutarci.

Mentre si congedava con un gran sorriso ha aggiunto la call to action con una classe che neanche Zidane ai tempi d’oro:

“Don’t forget St.Regis for your next stay in Kuala Lumpur.”

Ora, io non lo so se ci siamo trovati di fronte al futuro general manager della catena, o se quello attuale é un fottuto-genio-maniaco della formazione.

Fatto sta che è stato tutto semplicemente perfetto.

E un fastidioso imprevisto si è trasformato in un’esperienza M E M O R A B I L E.

Per oggi dal St.Regis di Kauala Lumpur è tutto, a voi la linea!

P.s. Se un giorno nella vita potrò permettermi il St.Regis, non mi dimenticherò di quando mi hanno salvato dal temporale.


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+ marketing - politica nel turismo

Oggi ti parlo di una cosa che mi sta particolarmente a cuore e che rappresenta un’importante lezione di marketing strategico per qualsiasi tipo di attività.

Recentemente a Riccione, città dove vivo, la giunta comunale ha perso la fiducia ed il sindaco è uscito di scena.

Ora, cosa c’entra questo con noi e con il turismo?!

C’entra, c’entra. Un attimo di pazienza.

Faccio per la MILLESIMA volta una premessa per i nuovi: non capisco NIENTE di politica, né mi interessa capirne.

Ma ho sicuramente qualcosa da dire sull’aspetto tecnico legato al marketing di destinazione.

Riccione è un paese di circa 35.000 abitanti che, tra introiti diretti e indotto, di fatto VIVE di turismo.

Ora, verrebbe da chiedersi se facendo funzionare il turismo che può garantire benessere a tutti, serve davvero la politica in un paese di 35.000 abitanti…

Ma questa è un’altra storia.

Detto questo, da sempre, la riviera romagnola in generale e Riccione stessa, basano il proprio marketing sull’industria del divertimento.

Ipersemplificando possiamo parlare di divertimento diurno, con spiagge, manifestazioni sportive e parchi giochi per grandi e bambini e divertimento notturno per giovani in cerca di avventure di vario genere (discoteche, night, ecc…).

Ora, pare ovvio che la parola chiave è comunque DIVERTIMENTO, a prescindere dal destinatario di questo servizio o emozione (chiamala come ti pare).

Detto questo, negli ultimi anni l’industria della notte ha accusato un calo.

Vuoi per un fisiologico fine ciclo dei locali sulla spiaggia, vuoi perché l’offerta locale NON ha saputo rinnovarsi e pensare in GRANDE per competere con IBIZA, Mikonos, Gallipoli e compagnia.

Nel frattempo, i pochi locali rimasti (il Cocoricó su tutti, guarda caso l’unico che ha davvero un Brand riconosciuto nel mondo) hanno incontrato vari problemi di ordine pubblico con incidenti più i meno gravi.

Fino al fatidico morto.

Come spesso capita, il dramma ha generato grande IMPATTO mediatico (ne hanno parlato quasi tutti i tg nazionali) e si è presa la decisione di chiudere il locale. A luglio.

Ora, al di là di come la si vuol pensare sul provvedimento legale (giusto, sbagliato, responsabilità pubblica o privata) l’evento ha rappresentato una SVOLTA.

Infatti, l’emotività causata dalla triste notizia ha legittimato l’assessorato al turismo, già da tempo indirizzato verso il target family, a puntare in maniera ancora più netta sul giorno a dispetto della notte, con ordinanze e leggi varie.

Conseguenze?

Niente più PR in viale Ceccarini che vendevano i biglietti per le disco e spazio a giostre e giochi d’acqua per bambini.

A questo si aggiungano restrizioni rispetto agli orari per la musica e maggiori controlli nei locali.

Giusto? Sbagliato?

È una scelta.

Sai cosa invece è ASSOLUTAMENTE sbagliato?

Che il marketing turistico sia influenzato dalla politica.

E sai perché??

Perché le due cose hanno tempi TOTALMENTE DIVERSI.

In politica una legislatura dura 5 anni che sembrano una vita.

Nel marketing 5 anni sono NIENTE.

E in questo caso, siccome la scelta del target family, giusta o sbagliata, è POLARIZZANTE, ovviamente ha fatto incazzare qualcuno (buon segno dal punto di vista marketing).

E, altrettanto ovviamente, l’opposizione ha cavalcato il moto degli insoddisfatti per guadagnare consensi (molto più facile che fare programmi).

E ora??

Se salirà al governo chi prima era all’opposizione, molto probabilmente invertirà la rotta per compiacere gli elettori.

Risultato?

Decisioni isteriche, campagne di marketing contraddittorie, clienti (turisti) spiazzati.

Si, perché una città è comunque un prodotto e come tale va gestito.

Cosa succederebbe se da domani Ferrari provasse a diventare un’auto sicura per famiglie per poi tornare auto sportiva di lusso??

Un casino.

Ora, vorrei farti un piccolo promemoria.

Quali sono i 5 ingredienti che servono per creare un BRAND?

1. Scelta del cliente target: scegli con che clienti vuoi lavorare e concentrati sui loro bisogni.

2. Idea differenziante: fa qualcosa di diverso dai competitor e prenditi la categoria per primo.

3. Soldi: NON è possibile creare un brand senza soldi. Più sono, meglio é (purché siano spesi rispettando gli altri 4 fattori).

4. Tempo: ci vuole tempo per fare entrare una parola nella testa delle persone e prendersi una categoria. Bic ha impiegato anni per vedere il proprio brand diventare sinonimo di penna.

Cosa significa il tuo brand nella testa delle persone oggi? Cosa potrebbe significare tra 10 anni?

5. Coerenza: rispetta sempre la tua identità e le promesse che fai ai tuoi clienti.

Morale della favola?!

Ogni paese, area o destinazione che basa la propria economia sul turismo dovrebbe avere un responsabile marketing (o destination manager, chiamalo come ti pare) che sia un VERO ESPERTO DI MARKETING e un programma VENTENNALE che resta A PRESCINDERE DALLA POLITICA.

Tanto ti dovevo.

P.S. Che tu voglia risollevare le sorti del tuo hotel o buttarti in politica per rilanciare la tua destinazione, ti aspetto a Settembre all’evento Albergatore Pro.

Ti insegnerò passo-passo come impostare il marketing strategico della tua attività e attirare FIUMI di turisti che spendono felici mentre i politici continuano a scannarsi per una poltrona e uno stipendio.

https://www.albergatorepro.com/evento-albergatore-pro-2017/


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Perché sei un DEFICIENTE se critichi Tripadvisor nel 2017

Ieri, per l’ennesima volta da quando esiste il gruppo, è partito il dibattito su Tripadvisor.

Giudizi falsi, clienti malati, bla bla bla.

Tra l’altro non è nemmeno più vero che le recensioni possono essere anonime, perché oggi se vuoi lasciarne una devi creare un utente, se vuoi creare un utente devi collegarlo ad account social e i social sono sempre più restrittivi nella creazione degli account (nel senso che se ne crei uno ad hoc senza amici che non usi dopo pochi mesi te lo segano).

Detto questo, Tripadvisor ha indubbiamente una falla nel sistema di verifica recensioni.

Chiunque può registrarne una anche senza essere stato realmente ospite dell’hotel o cliente dell’attività recensita.

È sbagliato e andrebbe migliorato, siamo tutti d’accordo.

Ma siccome non è un agenzia viaggi non sono in grado di risolvere.

Ora:

==> Esistono pazzi squilibrati che lasciano recensioni a caso in attività che NON hanno mai visitato? Si, esistono.

==> Esistono imprenditori invidiosi che mettono recensioni false e denigratorie sugli hotel competitor? Si, sono ritardati ma esistono. Anche se statisticamente sono briciole. Tipo 0, su base 100

==> Esistono clienti mentalmente instabili che si improvvisano critici e si sentono depositari della verità assoluta penalizzando gli albergatori con recensioni negative ingiuste?! Si esistono anche questi.

==> Esistono “società” che vendono pacchetti di recensioni positive per falsificare in positivo la brand reputation dei loro “clienti”? Si, esistono anche queste.

Questi gesti meschini possono ferire l’ego, l’integrità e la sensibilità di chi li subisce, soprattutto se chi li subisce lavora con passione professionalità ed etica?

Certamente si. Lo so per esperienza personale.

Ma sul serio, sul totale delle recensioni…quanto pensi che incidano?

Statisticamente siamo a meno del 5% sul totale.

Il che significa che su 100 recensioni 95 sono REALI.

Su 200 sono CENTONOVANTA.

Quindi di cosa stiamo parlando??

No, perché la fuori ci sono ancora albergatori che si raccontano la favola che on-line hanno cattive recensioni per colpa dei clienti, dei competitor, del tempo e del governo che non incentiva gli investimenti…

E sai cosa è peggio??

Che alcuni consulenti gli danno ragione.

E sai perché??

Perché sono MEDIOCRI come i clienti che seguono.

Ti dico una brutta verità se non la sai…(chissà poi perché tocca sempre a me fare la parte del grillo parlante).

Se su Tripadvisor hai cattivi giudizi, se dicono che lavori male, se a fatica raggiungi 3 palle, vuole dire solo una cosa:

che devi rimboccarti le maniche, lavorare di più, curare meglio le relazioni, fare più attenzione al servizio, ai prezzi, ristrutturare, cambiare albergo se sei gestore e in generale fare tutto quello che serve per far felici i clienti.

Belli o brutti che siano.

Perché sono loro gli unici giudici.

Sul serio, le chiacchiere stanno a zero.

Gli albergatori campioni che conosco hanno tutti giudizi eccellenti anche su Tripadvisor.

Altri ancora lavorano tanto SOPRATTUTTO grazie a Tripadvisor.

E io non farò MAI lo psicologo dei malati immaginari che cercano una spalla ipocrita su cui piangere.

Preferisco dirti come la penso oggi, prima ancora che ti iscriva ufficialmente al corso, cosi se NON sei d’accordo sei libero di andare a cercarti un altro “maestro”.

Le porte sono aperte.

Per tutti gli altri: saremo più forti e più uniti di prima


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Chiara Ferragni una di noi

Leggi questo post che “apparentemente” non c’entra niente con noi.

Leggi attentamente perché, in realtà, racchiude perfettamente la filosofia che c’è dietro ad Albergatore Pro.

Infatti, devi sapere che una delle prime cose che ho dovuto prima affrontare e poi combattere, quando ho inaugurato Hotel Training Blog nel 2013, è proprio la questione mentalità.

Perché la maggior parte degli albergatori italiani là fuori, vive di provincialismo e di invidia.

Provano “simpatia” per i nuovi colleghi, solo fino a quando “non disturbano”.

Appena si sviluppano, crescono e iniziano a competere, si scatena l’inferno.

“Rovinano il mercato”
“Hanno i dipendenti in nero”
“In realtà la società ci rimette ed è il titolare che ci mette i soldi ogni anno per andare a pari”
“Si fanno le recensioni da soli”

E chi più ne ha, più ne metta…

Per farvi capire quanto è grave la situazione, ti dico solo che esistono destinazioni turistiche, anche famose, che basano il proprio “progresso” esclusivamente sull’INVIDIA.

Nel senso che gli imprenditori locali investono, studiano e in generale si muovono, SOLO in funzione di quello che fanno i vicini.

Dal sito alla piscina, dalle camere ai corsi di formazione, è una tutta una gara a “chi ce l’ha più lungo”.

E in questi casi c’è da sperare che chi si muove per primo, (opinion leader come dicono quelli bravi o “capissone” come si dice dalle mie parti) capisca davvero qualcosa.

Perché altrimenti tutti gli altri vanno a schiantarsi nel fosso con lui (ti assicuro che succede).

Ora, noi qui facciamo “un gioco” diverso.

Ci guardiamo intorno, cerchiamo le eccellenze, le studiamo e le celebriamo.

E, se possibile, cerchiamo di adattare ciò che ha portato al successo un hotel, ad altri hotel.

Perché solo cosi si fa crescere il sistema.

E se il sistema cresce, vinciamo tutti.

Chiariamoci: se sei qui, al 99% non hai questo genere di problemi.

Lo dice già la scelta che hai fatto.

Se invece in fondo in fondo sei ancora lì che speri in un bel controllo della finanza o dell’AUSL all’hotel che domina in città, quella è la porta.

Tanto parliamo due lingue diverse e non ci capiremmo MAI comunque.

In questo momento una ragazza italiana di soli 29 anni sta tenendo una lezione ad Harvard, una delle più importanti università del mondo, 380 anni di storia e il luogo dove hanno studiato 8 presidenti degli Stati Uniti (l’ultimo è Obama) qualche premio Nobel tra cui quello per la pace di Ellen Johnson.
Dovrebbe essere un vanto per l’Italia, ma non lo è.
E come al solito usiamo il nostro tempo per essere mediocri.
Invece di celebrarla, la critichiamo. Anzi la insultiamo.
Primo problema
La ragazza è di Cremona, ha studiato alla Bocconi ma non si è mai laureata.
Del resto neanche Steve Jobs, Zuckerberg e Bill Gates l’hanno presa la laurea … anzi gli ultimi due proprio ad Harvard ci hanno provato… però non conta sai perché? perché abitano negli Stati Uniti e in quel paese quello che sai fare e hai fatto conta più della laurea.
In Italia no.
Secondo problema
La ragazza è carina, faceva la modella ed ecco che parte subito lo stereotipo bella e stupida.
Ci piace troppo insultare e prendere in giro la gente famosa.
Se poi sono belle e sceme, godiamo.
Terzo problema
La sua azienda fattura 8 milioni di $ e ha 24 dipendenti, ma non è un’azienda “tradizionale”.
Nel 2009 a 22 anni apre il suo blog di moda (ringrazio la mia amica Paola Moretti Makì che nell’estate 2010 in Kenia mi fece conoscere THE BLONDE SALAD). Poteva essere uno dei tanti, ma è diventato uno dei migliori al mondo.
Ha 8 milioni di follower e Forbes l’ha inserita tra gli under 30 più influenti del pianeta.
Ma questo non basta. Bisogna insultarla.
Quarto problema
Parla di moda e quindi di cose frivole, cambia vestito e borsa ogni 2 ore (ricevendone in omaggio 1 all’ora) fa la bella vita, alberghi fighi e ristoranti alla moda, vive a Los Angeles e prende più aerei lei in 6 mesi di quelli che noi prenderemmo in vent’anni. E’ global ambassador di Pantene, testimonial di Amazon moda, di Yamamay, Hogan, Guess e posa nuda in copertina per Vanity Fair.
Trasformiamo la nostra invidia in accusa di superficialità.
Gli argomenti più gettonati sono:
“in realtà fa tutto il suo ex fidanzato”
“viene da una famiglia benestante”
“non fa un vero lavoro”
“non ha fatto sacrifici”
“la moda è una cazzata”
“ma non pensi alla gente che non arriva a fine mese”
“è diventata ricca senza saper fare niente”
Chiara Ferragni, quella con il “cane col papillon di Vuitton e un collare con più glitter di una giacca di Elton John”.
Da quando si è sparsa la voce della sua lezione ad Harvard in rete è stata tutto un indignarsi, uno scandalizzarsi.
Come se le avessero affidato una cattedra di fisica nucleare.
In America i suoi coetanei le scrivono “brava, ce l’hai fatta, ci provo anche io”.
In Italia no.
Perché, come dice Saviano, in Italia tutti vogliono veder cadere tutti. Per sentirsi meglio. Perché se tu fallisci io mi sento migliore.
“Vedi non sono io che sono incapace, è quello lì che ha avuto successo che è una schifezza”.
Sull’invidia nessuno può costruire il proprio futuro.
L’invidia è la religione dei mediocri.
Se è così facile. Provateci voi.
P.S. Già 2 anni fa Chiara Ferragni è stata ad Harvard e già 2 anni fa venne riempita di insulti per questa foto con il libro al contrario.
Gli haters sapientoni partirono a razzo con i commenti sarcastici, senza neanche fare una ricerca su Google, accusandola di avere il libro in mano al contrario per via del codice a barre in copertina in alto e che pertanto non meritava di stare nella biblioteca della più prestigiosa università del mondo.
Peccato che i geni non sapessero che ad Harvard tutti i libri sono etichettati così.

Post di Luigi Caterino – Dolce Vita Food


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Perché tutti mi considerano un esperto di marketing anche se mi occupo di software gestionali?

È domenica, ho un po’ di tempo a disposizione e colgo l’occasione per affrontare una questione personale che penso possa essere interessante per tutti.

Premessa.

Se sei sul gruppo Albergatore Pro, sai benissimo quanto io mi spenda sul tema marketing e come lo consideri l’asse portante di ogni hotel di qualsiasi livello e tipologia.

A riprova di ciò, quando l’altra sera ho chiesto “che argomento volete che tratti nella diretta di lunedì”, il voto è stato praticamente unanime.

Il brand.

E così facendo mi avete aiutato a capire che “Gian Marco significa marketing” nella testa dei miei studenti albergatori.

Detto questo, da 10 anni mi occupo anche di software gestionali per l’hotel.

E a questo punto, siccome sei un tipo sveglio, mi aspetto la tua obiezione spontanea:

“Ma come Gian Marco, ci rompi sempre le palle sull’importanza della focalizzazione e tu per primo ti occupi di due cose diverse?”

Ti ringrazio per la domanda.

Per rispondere, come spesso capita, devo prima disinstallare un vecchio luogo comune riguardo al marketing.

Esperto di marketing = genio creativo.

Nein, no, niet. Tutto sbagliato.

In realtà, chiunque capisca davvero qualcosa in materia, ti direbbe che le cose NON funzionano cosi.

Anzi, se dovessi indicare una singola competenza che deve avere un esperto di marketing, è…

La matematica.

Proprio cosi. Al netto degli unici 7-8 libri che devi studiare all’infinito fino a saperli a memoria, nel marketing l’unica cosa che conta sono I NUMERI.

Più precisamente, i numeri del tuo business:

  • Produzione
  • Fatturato
  • Retta media
  • Revpar
  • Lifetime value
  • Costi di intermediazione
  • ect, ect, ect…

Senza è letteralmente impossibile lavorare.

A cosa servono questi numeri?

– Servono PRIMA per capire dove intervenire
– Servono DOPO per capire se le strategie impostate sono state efficaci.

E sai perchè?

Perchè il marketing non si misura in visibilità, visite, like, condivisioni e commenti.

Molto più semplicemente, e mi dispiace per i bocconiani, il marketing va trattato come un venditore.

Niente di più, niente di meno.

E sai come si misura un venditore?!

Un venditore su misura in €.

Quindi, tu puoi passare tutte le ore che vuoi sui libri a studiare la storia della disciplina, le leggi, le regole e le eccezioni.

Ed è una cosa che io per primo faccio e ti consiglio sinceramente.

Ma, “alla fine della fiera”, conta solo UNA COSA per capire sei sei sulla strada giusta.

Che risultati ha prodotto la tua strategia?

– Ha generato nuovi clienti?
– Ha aumentato la spesa media?
– Ha portato i tuoi clienti ad acquistare più volte nel tempo?

Ora concedimi un’ultima domanda:

dove pensi di trovare questi numeri? Dal tuo commercialista?

No my friend, li trovi sul tuo software gestionale.

E se nel 2017 NON hai un gestionale, o il tuo gestionale è una “calcolatrice evoluta”, buono solo per fare conti e schedine, hai un grosso problema.

NON PUOI fare marketing.

E da esperto di marketing è mio dovere dirtelo, esattamente come il tuo medico, quando stai male, ti fa fare le analisi:

– PRIMA per capire come curarti.
– DOPO per capire se la cura ha funzionato.


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Non solo i clienti si meritano la migliore accoglienza

Dato che 6 comandamenti su 10 del “Titolare perfetto” riguardano i collaboratori, rilancio con questa foto che immortala il modo in cui vengono accolti il primo giorno di lavoro i nuovi assunti in un’azienda americana.

I primi momenti in una nuova realtà sono fondamentali per far iniziare nel migliore dei modi un nuovo collaboratore, purtroppo però, vengono spesso lasciati in balia degli eventi, per la mancanza di tempo (“Scusami ma adesso non riesco a seguirti, intanto puoi nomecosanoninerenteallamansionepercuièstatoassunto”) o per la scarsa voglia da parte dei colleghi di coinvolgerlo (“Non vorrà mica portarmi via il lavoro!?”).

E se i primi giorni sono disastrosi, l’euforia del nuovo lavoro se ne va e anche il miglior profilo scapperà a gambe levate dal tuo hotel!

I due dogmi rimangono sempre: allontanare gli “scollaboratori” e formare al meglio i “campioni”, ma intanto, chi ben comincia è già a metà dell’opera, non dici?

Sentirsi accettati e coinvolti sin dal primo giorno, non può che far crescere l’ “attaccamento alla maglia” dei nuovi dipendenti, che non potranno far altro che ricambiare dando il 100% per continuare a sentirsi importanti e cercare di far crescere il valore dell’azienda.


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Giovani campioni

Questa sera vorrei condividere con te la storia di Marco Viola.

Marco ha 20 anni e con il padre gestisce due residence ad Andalo.

Il padre è uno della “vecchia guardia”, un tipo concreto che le persone preferisce incontrarle di persona invece che su internet.

Fatto sta che Marco sente parlare del nostro gruppo in un podcast e decide di iscriversi.

Inizialmente viene rimbalzato perché ha un’immagine del profilo “di fantasia”.

E dovete sapere che se Daniele Sarti è in giornata-no, applica il regolamento abbastanza alla lettera.

Ma Marco non si da per vinto, mi chiede l’amicizia, mi spiega chi è e perché vuole iscriversi al gruppo.

Daniele lo sblocca, lo accettiamo.

Proprio in quei giorni stiamo promuovendo gli ultimi biglietti per il primo evento Albergatore Pro.

Marco non ci pensa due volte, si iscrive.

Pensa che forse il padre non sarebbe d’accordo a partecipare ad un corso di due tizi conosciuti on-line, ma lui non ha tempo per convincerlo.

Ha troppa voglia di crescere imparare e fare la differenza.

Viene lo stesso.

Si fa 400 km in macchina e si presenta puntuale come un orologio sui banchi di scuola.

Oggi Marco è il più giovane Albergatore Pro d’Italia.

E ieri quando ha letto che sarei venuto ad Andalo mi ha scritto per incontrarmi e scambiare due chiacchiere sulla sua e sulla nostra attività.

Per me Marco è un mito e se gli altri ventenni valgono la metà di lui, l’Italia (del turismo) ha un grande futuro davanti a se.

P.s. Quando provate a raccontarvi delle scuse per non partecipare, non studiare, non applicare, pensate a Marco.


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