Francesco Roccato: La Leadership nell'Hôtellerie di Lusso tra Passione, Talento e Visione

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Francesco Roccato: La Leadership nell'Hôtellerie di Lusso tra Passione, Talento e Visione

Com’è iniziato tutto? Dalla cucina a Managing Director per Rocco Forte Hotels

A 18 anni sognava di diventare uno chef. Oggi Francesco Roccato guida cinque delle strutture più iconiche del gruppo Rocco Forte tra Roma, Firenze e Milano. Il salto? Una crisi economica e una proposta inaspettata.

«Nel 2008 ero in Arizona, in apertura di un resort con Intercontinental. Il GM mi disse: “Qui dobbiamo tagliare delle posizioni, quindi devi fare lo chef e il food and beverage”... Alla fine mi disse: “Perché non fai lo switch?”. E così lasciai la cucina e passai al front of the house».

Essere partiti dalla cucina aiuta davvero nella leadership alberghiera?

Roccato ne è certo: «Chi diventa executive chef in hotel importanti ha una visione di squadra e di dettaglio che non è scontata. È un percorso che mi ha dato tantissimo per diventare anche direttore».

Non è solo questione di competenze. È una questione di rispetto per il lavoro. Di sapere cosa vuol dire iniziare alle cinque del mattino per scremare i più motivati, come accadeva nei college in Canada: «Ci facevano iniziare alle 5 per capire la tua forma mentis. Chi mollava, mollava».

Cosa serve oggi per essere un vero leader in hotel di lusso?

L’esperienza conta, ma non basta. «Ai ragazzi oggi bisogna dare una visione. Se non c’è la visione, si perdono». E se non motivi le persone, non ti seguono.

Leadership per lui significa tempo e presenza. «Mi piace intervistare tutte le persone che entrano nei nostri alberghi, prima della selezione finale li voglio vedere tutti. Non per dare il mio parere, ma per capire la personalità».«L’attitude non si può insegnare. Gli skill si imparano, ma l’attitudine no». Roccato cerca gente determinata, ambiziosa, ma anche umile e positiva. L’umiltà è fondamentale per mettersi al servizio dell’ospite.

E i test attitudinali? «Non ci credo molto. Alla fine è un questionario di bullet points».

Preferisce portare una persona a cena, parlarci, guardarli negli occhi: solo così riesce a capire la sostanza e la persona che ha di fronte per valutare se fare questo investimento.

Come si costruisce una squadra coesa sotto pressione?

Il clima conta, anche (e soprattutto) sotto stress. «Lavorare in armonia è la cosa più bella che ci possa essere: fidarsi l’uno dell’altro, esserci per l’altro nei momenti di bisogno... è il punto numero uno. Lavorare in armonia, sintonia e divertirsi: sono tre qualità che bisogna avere in un team».

E chi pensa che il lusso sia solo rigore, si sbaglia: «Noi lavoriamo in una missione, no? La passione, la determinazione, il divertimento sono le qualità che che che ti portano a fare entrare».

Cosa rende davvero attrattiva una compagnia come Rocco Forte oggi?

La risposta è netta: «Avere la famiglia Forte presente è molto bello perché siamo una grande azienda con un senso familiare, c'è un rapporto molto diretto. Noi abbiamo tre pillars: Family, Individuality e Authenticity».

Aggiunge Francesco: «Essere se stessi dove lavori non è scontato. Da noi i ragazzi te lo potranno confermare, loro ne sono la conferma, sono se stessi».

Come misurate il successo di un hotel, oltre all’EBITDA?

Ci sono standard Forbes, LQA e interni, certo. Ma c’è anche l’Happiness Index, la felicità delle persone che ci lavorano. Perché se hai un team felice, spendi meno in head hunter. 

«Quando quando vai da un head hunter vuol dire che sei al last resource, l'ultima risorsa, quindi cosa facciamo noi? Abbiamo delle collaborazioni con delle scuole sul terreno Europeo, Spagna, Svizzera e Italia siamo coperti».

Che futuro vedi per il lusso italiano?

«Non dobbiamo ostentare». Il lusso va nella direzione dell’esperienza, della bellezza, della discrezione. L’ospite non è sempre alla sua prima volta in Italia. Vuole qualcosa di autentico, di nuovo. E il compito è sorprenderlo senza gridare.

Il futuro? Giovane, curioso, e sempre più esigente. Ma anche pieno di opportunità. «Ogni anno nel mondo ci sono 3 milioni di nuovi giovani milionari. L’Italia deve imparare a esplorare anche loro».

Un consiglio a chi vuole crescere in questo settore?

«Non bruciare le tappe. Poi se capita l'occasione ben venga, cioè che vuol dire che qualcuno ti ha notato e tu hai fatto notare la tua presenza, quindi un po’ di rischio ci va sempre. Se non rischi non vai da nessuna parte, però devi avere la consapevolezza di aver fatto una base solida».

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