Com’è gestire un hotel in zona industriale?

Com’è gestire un hotel in zona industriale?
«Olgiate Olona, in provincia di Varese, zona industriale ovviamente, quindi ancora più bella», racconta con ironia Sergio Castella. Settantatré camere, in parte hotel e in parte motel, non esattamente il contesto glamour che molti immaginano quando pensano all’hôtellerie. Eppure, proprio in luoghi così la competenza fa la differenza: «Lì devi essere sempre sul pezzo».
Come si passa dalla Milano turistica alla provincia?
Milanese doc, Sergio ha iniziato giovanissimo negli alberghi di città. Poi la scelta di cambiare: «Pensavo che nel futuro la cosa migliore fosse cambiare tipologia di albergo, non avere più la bellezza di 15 camere, ma numeri che ti potessero dare una marginalità per poter fare una vita normale». Il passaggio non è stato semplice: «Fuori Milano il 90% delle prenotazioni sono programmate. Io ero abituato alla working zone centrale dove ogni giorno si trovavano 50 persone e vendevi le camere così».
E il marketing?
Prima dell’incontro con Albergatore Pro, il marketing “non esisteva”: «Il nostro era lavorare bene, cercare di essere bravi coi clienti. Programmazione sì, ma non marketing». Il cambiamento è arrivato con strategie proattive e budget dedicati, anche in un contesto poco turistico.
Come si trasforma una crisi in opportunità?
La pandemia, per Sergio, è stata un banco di prova: «All’inizio vissuta come un dramma, poi come un’opportunità». In 33 giorni di chiusura obbligata, ha digitalizzato l’hotel e si è inventato soluzioni “analogiche” vecchio stile. Una delle più efficaci? «Ho tirato come con il compasso un cerchio attorno all’albergo, ho visto i cantieri aperti e ho chiamato i responsabili. Alcuni avrebbero perso il lavoro se non li avessimo ospitati».
Si può gestire la ristorazione senza ristorante?
Il suo ristorante era chiuso, ma non i pasti per i clienti: «Ho trovato un ristorante a gestione familiare e, con WhatsApp Business, abbiamo programmato consegne in camera senza contatto». Una scelta che ha salvato cene e rapporti con gli ospiti.
Rompere gli schemi può essere redditizio?
«Perché ho sempre fatto colazione fino alle dieci?», si è chiesto durante il Covid. La risposta è stata un’ora in più di servizio, oggi apprezzata dai clienti. Stesso approccio per le innovazioni: camera con sauna privata, colonnine elettriche, addio alla moquette: nei tre anni post-Covid ha fatto più investimenti che nei tre precedenti.
Il controllo di gestione cambia davvero le scelte?
Con Usali ha introdotto un bilancino mensile: «Quando vedi nero su bianco che un mese ti costa 50.000 euro di perdita, capisci che forse aprire meno è più profittevole». Un approccio che ha portato più consapevolezza e marginalità.
Quanto conta il personale?
«Bisogna avere persone migliori del mondo, perché se poi ti ritrovi qualcuno non qualificato, butta giù tutto». Per migliorare il benessere dello staff, ha cambiato i turni: ha proposto 30 ore su cinque giorni anziché sei, a parità di contratto, e ne sono rimasti felicissimi.
La lezione più grande?
Per Sergio, la pandemia ha insegnato due cose: il coraggio paga e l’attenzione al dettaglio è decisiva. «Se non sei innamorato di questo lavoro non ti viene in mente neanche una ricerca dell’eccellenza». E non si tratta solo di fatturato, ma anche di mantenere tutte le promesse fatte agli ospiti.
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