L'ultimo dei Mohicani

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L'ultimo dei Mohicani

Come è cambiato il ruolo del front-office manager negli ultimi 30 anni?

Quali  competenze devi sviluppare per diventare un VERO professionista?

Anche agosto è andato e, per molti albergatori, il picco più alto per quanto riguarda presenze, impegno e stress è ormai alle spalle.

Forse è ancora presto per iniziare a fare programmi per l’anno prossimo, ma sicuramente può essere un buon momento per fare un primo bilancio del periodo appena concluso e valutare dove e come intervenire.

Ovviamente in questo ci “aiutano” le recensioni che permettono ai clienti di essere sempre più precisi (a volte anche troppo) indicando quelli che, secondo loro, sono punti forti e punti deboli degli hotel. Hai presente i famosi + e – di Booking.com? Ecco.

Ora, nei miei continui spostamenti per visitare, studiare e valutare le strutture, non ho potuto fare a meno di notare che, troppo spesso, le critiche arrivano anche per l’attitudine dello staff.

E quando succede mi sale un’ignoranza che neanche Carletto Mazzone ai tempi d’oro…

Infatti, avendo vissuto tutta la vita in hotel, so bene quanto può essere complicato risolvere problemi strutturali e quanto sia oggettivamente impossibile evitare giudizi negativi relativi alla posizione.

Si perché, diciamoci la verità: Se hai un hotel in terza fila al mare, a 15 km dal centro in una città d’arte, o vicino ai binari della ferrovia, che cavolo ci puoi fare?

Ma se i giudizi negativi arrivano per lo staff, davvero non ci siamo. Non ci sono alibi. Stai sbagliando tutto.

Perché staff significa relazione con il cliente e capacità di esaudire le richieste. E se un’azienda che ha come fine l’ospitalità manca in questi due aspetti significa che mancano le fondamenta.

E se mancano le fondamenta, l’hotel può avere il miglior marketing della storia, la più evoluta tecnologia del mondo ma i risultati sono destinati a rimanere mediocri per sempre.

Ovviamente il giudizio sullo staff vale per tutti i reparti e coinvolge ogni singolo componente del team.

Ma oggi in particolare vorrei affrontare il tema front-office perché il ricevimento, oltre ad essere il motore dell’azienda-hotel è anche la “prima linea”, il primo contatto con il cliente e, esattamente come accadeva nell’esercito degli antichi romani, rappresenta un ottimo termometro per misurare l’organizzazione e l’applicazione delle strategie impostate dai “generali”…

A proposito di antiche tradizioni, un’altra cosa che ho notato è che le nuove generazioni di addetti al ricevimento, per quanto abbiano cultura tecnologica nativa e maggiore propensione all’uso del web, sembrano non aver ereditato da quelle precedenti le giuste priorità, che, come detto, devono SEMPRE avere al primo posto la relazione con il cliente e la disponibilità ad esaudirne le richieste.

Quindi, per “rimettere la chiesa al centro del villaggio”, ho deciso di farmi aiutare da un professionista di grande esperienza che è stato anche uno dei primi maestri.

Per l’articolo di oggi ho intervistato Carlo Del Prete, storico front office manager e vice direttore dell’Holiday inn di Rimini e attualmente in forza all’hotel Ambasciatori, sempre a Rimini.

Ovviamente, dato il legame affettivo e la riconoscenza che gli devo per quanto mi ha insegnato, sono di parte nei giudizi.

Ma ti garantisco che, negli anni, confrontandomi con centinaia di altri receptionist e responsabili ricevimento provenienti da scuole ed esperienze diverse, ho ulteriormente rivalutato Carlo per la sua innata capacità di interpretare il ruolo con il giusto equilibrio tra professionalità e psicologia.

Per questi e altri motivi Carlo è, come dicono gli inglesi, “one of a kind”, unico.

Ma adesso bando alle ciance, è ora di accendere i microfoni…

1. Ciao Carlo, a che età hai cominciato a lavorare in hotel?

All’epoca, quando ho iniziato, tutti i giovani “facevano la stagione” durante le vacanze scolastiche. Quindi anch’io, col sorriso, ho cominciato a dare una mano nella lavanderia di mia mamma. Ovviamente, come tutti i ragazzi della mia età, la facevo “arrabbiare” quasi tutti i giorni mentre lei cercava di insegnarmi come ci si comporta sul lavoro. Più tardi, mentre frequentavo la seconda superiore allo storico istituto alberghiero Savioli di Riccione, ho scoperto che un albergatore amico di mia mamma stava cercando personale per l’estate. Era il 1980 e, avvantaggiato dal rapporto di conoscenza, è stato facile avere un colloquio…tutto parte quindi nel dicembre 1979 perché al tempo i contratti per la stagione si chiudevano con una stretta di mano prima di natale. Questo permetteva agli albergatori di creare la squadra con largo anticipo per conoscere ed educare i giovani. Non a caso, le caratteristiche richieste erano:  bella presenza, conoscenza del tedesco e giovane età, proprio per poter “allevare le reclute” secondo le regole della casa. Quindi, per rispondere alla tua domanda, ho iniziato a 16 anni. Una vita fa  🙂

2. Di cosa ti occupavi?
Onestamente mi occupavo un po’ di tutto…Gestione corrispondenza con macchina da scrivere, carta carbone e velina,…; accoglienza all’arrivo, addebiti, conti alla partenza...tutto a mano, perché nessun hotel all’epoca aveva ancora un computer. Poi c’era il rituale del saluto alla partenza, spesso la sera prima. Infatti, al tempo, una delle regole sacre in Romagna era “mai lasciare l’albergo se non avevi salutato il cliente in partenza” Avevamo una clientela consolidata, il soggiorno minimo era di due settimane, fino ad arrivare a due mesi…la cosa bella è che spesso si creavano legami veri con le persone. D’altra parte era difficile esaudire le esigenze degli abituali che dopo anni si comportavano come fossero a casa loro…In compenso però, a differenza di ciò che accade oggi, le prenotazioni arrivavano prima di natale in risposta agli auguri, già a gennaio molte date erano off-limits e questo ti permetteva di lavorare con maggiore tranquillità senza l’ansia quotidiana di incastri arrivi e partenze.

3. Cosa è cambiato da allora? Condizione economica, richieste clienti..
Principalmente la concezione di vacanza. Oggi in vacanza non ci si rilassa…è vero che grazie ad internet tutto è più vicino, si ha una scelta maggiore, ma bisogna essere più sgamati/accorti per evitare le fregature. Quindi il cliente è sempre in allerta. In ogni caso “il segreto” sta nel far percepire loro che questa volta ha scelto la struttura giusta.
Le richieste a mio avviso non sono cambiate, le persone vogliono star bene e pagare il giusto. Diciamo che nel tempo è cambiato il significato di star bene: oggi ad esempio un wi-fi che non funziona diventa una catastrofe. Anche le condizioni economiche sono cambiate rispetto a quando ho cominciato, ma non da allora, direi che il cambiamento più importante è avvenuto da alcuni anni a questa parte.

4. Quali caratteristiche umane deve avere un front office professionista?
Spontaneità, umiltà e apertura mentale per anticipare le richieste del cliente. Se dovessi indicare la caratteristica più importante direi l’empatia, la capacità di leggere lo stato d’animo delle persone per creare il giusto feeling. Con pochissimi secondi a disposizione per stabilire un rapporto, l’empatia è davvero una dote fondamentale. Una cosa che non si insegna.

5. Quali sono le conoscenze professionali più importanti? Revenue, lingue, tecnologia?
L’uso della tecnologia è fondamentale e, personalmente, sono convinto che basti un minimo di buona volontà per imparare ad usare gli strumenti necessari. Il Revenue con l’esperienza si affina…le lingue si studiano…Credo invece che la cosa più importante in assoluto sia la predisposizione all’ascolto del cliente: anche quando si è stanchi, impegnati e stressati è importantissimo coltivare il dialogo per apprendere le reali esigenze e trasformarle in servizi… In questo modo si vince tutti: chi lavora “fa la differenza” e si sente importante, il cliente si sente capito e vive una migliore esperienza e la struttura incrementa le performance di vendita.  Il dialogo è anche il miglior modo pre percepire la reale propensione alla spesa del cliente. E personalmente ritengo che sia più efficace di qualsiasi CRM.

6. Come si costruisce una squadra vincente al front? Che diversi profili servono? Analitico? relazionale?
Sincerità, rispetto e disponibilità a collaborare sono i principi che devono essere comuni a tutto il team. Molti hotel sono aperti 365 giorni all’anno e, con orari organizzati in turni di 8 ore consecutive, venirsi incontro tra colleghi è fondamentale per mantenere un equilibrio tra lavoro e vita privata. Poi i diversi profili devono completarsi tra loro e le mansioni devono essere assegnate in funzione delle caratteristiche dei singoli. Sicuramente deve esserci qualcuno attento ai numeri che controlli giornalmente i conti e i report statistici e qualcuno più psicologo che gestisca le relazioni con i clienti.

7. Quanto è importante viaggiare per poter fare bene questo mestiere?
Viaggiare aiuta tantissimo per diversi motivi. Da una parte è uno stimolo per crescere perché ti permette ti analizzare il comportamento dei colleghi con occhio clinico per “rubare” un trucco o un metodo che hai visto funzionare. Dall’altra rappresenta il giusto premio per chi svolge un mestiere molto impegnativo che “ti ruba” le festività e ti porta ad essere costantemente “aggredito” dai clienti e da richieste che a volte sono davvero assurde. Quindi il viaggio per me è una specie di antidoto che mi consente di staccare la spina e prendermi del tempo senza il telefono che squilla e qualcuno che mi reclama. Inoltre mi aiuta a vivere l’ambiente hotel con altri occhi, gli occhi del cliente.

8. In che modo la tecnologia facilita-completa il mestiere?
Velocizza le operazioni…oggi il cliente non ha più tempo di aspettare. Vuole tutto e subito. Quindi la tecnologia ti permette di assecondare l’esigenza di velocità che, per assurdo, esiste anche in vacanza. Personalmente apprezzo tantissimo il CRM che uso in particolare preimpostare degli alert che mi aiutano a ricordare le richieste degli ospiti più esigenti: tipo di cuscino, tipo di auto e relativa richiesta di parcheggio e tutte quelle piccole cose che, se ricordate, trasmettono quella piacevole sensazione di attenzione che è sempre molto apprezzata. Poi ultimamente anche l’automazione delle email di benvenuto e buon rientro a casa ha alleggerito in maniera significativa il carico di lavoro in segreteria. Anche se, quando ho tempo, preferisco sempre alzare il telefono e chiamare i clienti storici, per sapere come va.

9. Dato che lo ritieni così importante, puoi svelare un paio di trucchi che funzionano sempre per instaurare un buon rapporto con il cliente?
Beh, trucchi veri e propri non esistono. Posso dire però che fare domande è importantissimo. Ti aiuta a capire chi hai davanti, se il cliente è già stato ospite, cosa apprezza, cosa non gli piace. A me personalmente riesce facile fare domande perché sono molto curioso e in questo modo riesco a recuperare informazioni rispetto alle esperienze vissute in altre strutture che mi permettono di capire le priorità. Così, riesco ad evidenziare i punti di forza dell’hotel nel quale lavoro in funzione della persona che ho davanti. Ad esempio capita che un cliente torni per 20 anni in un hotel e poi decide di cambiare perché non c’è più una persona a cui era affezionato.. difficilmente potrei scoprire queste cose su Tripadvisor. Un’altra cosa molto importante è la lettura del linguaggio del corpo perché non tutti hanno la personalità per fare critiche esplicite. A volte mi basta notare uno sguardo o una postura particolare per cogliere soddisfazione o frustrazione dopo una cena.

10. Cosa consigli a chi decide di iniziare oggi a lavorare in hotel?
Innanzitutto gli direi che sta scegliendo il mestiere più bello del mondo e gli consiglierei di goderselo ogni singolo giorno perché io dopo oltre 35 anni ancora non mi sono stancato. Poi suggerirei di non accontentarsi mai e di non sentirsi mai arrivati perché il nostro è un lavoro che, pur avendo una lunghissima tradizione, si rinnova sempre e richiede una grande disponibilità a mettersi in gioco ed imparare cose nuove. E’ importantissimo mantenere l’umiltà per non perdere la vera essenza del mestiere che è quella di accudire il cliente per migliorare la sua esperienza di viaggio. Non snobbare le piccole cose come fare un caffè o aiutare con il bagaglio. Ecco, in questo senso l’esperienza della stagione è fondamentale perché quando parti “dal basso” da un albergo piccolo e magari non bellissimo, sviluppi la capacità di adattarti in qualsiasi situazione che molti giovani oggi non hanno. Quasi tutti vogliono diventare manager troppo in fretta…

E poi chiedere, chiedere, chiedere. Chiedere consigli ai più esperti, studiare la storia della destinazione e della struttura per proseguire certe tradizioni e consuetudini che a volte purtroppo vengono “dimenticate”. Le storie sono molto importanti. Le persone amano ascoltarle ma oggi per assurdo, con internet, chi viaggia le conosce meglio di chi dovrebbe venderle. E ai giovani che si affacciano al mestiere e si pavoneggiano della loro conoscenza della tecnologia e si gingillano tra routing e addebiti automatici mi viene da dire “ma che ne sanno della mitica saldaconti Anker…”.

Che altro posso aggiungere dopo una lezione del genere?

Posso solo dire GRAZIE a Carlo per aver aperto il diario dei ricordi ed averci prestato la sua esperienza.

Quanto a te invece, se hai apprezzato il senso dell’intervista di oggi, ti chiedo di condividerla, stamparla e metterla in bella vista negli uffici del tuo hotel per farla leggere alle nuove reclute al ricevimento.

Questo è il miglior contributo che puoi dare per tener fede alla nostra missione e far si che i principi fondamentali dell’ospitalità siano tramandati alle future generazioni.

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