Gli albergatori non hanno una bella reputazione

Gli albergatori non hanno una bella reputazione
Dopo aver creato il gruppo Albergatore Pro nel 2015, ho avuto l’occasione di raccontare il progetto ad alcuni dei più autorevoli esperti di hotel in Italia.
Quasi tutti mi hanno consigliato di lasciar perdere.
Che ci piaccia o no, che lo dicano apertamente o meno, l’opinione comune della maggior parte degli addetti ai lavori è che avere a che fare con gli albergatori non sia il massimo dell’aspirazione nella vita.
⛔️ Dicono che gli albergatori sono pressapochisti e poco professionali
⛔️ Dicono che gli albergatori sono tirchi e trattano sempre su tutto
⛔️ Dicono che gli albergatori sono ignoranti e non hanno voglia di formarsi
⛔️ Dicono che gli albergatori guadagnano un sacco di soldi ma non sanno godersi la vita
⛔️ Dicono che non sanno divertirsi
E dicono anche tante altre cose.
Ora, pur riconoscendo alcuni luoghi comuni, io e Daniele abbiamo sempre avuto un’opinione diversa.
Sarà perché entrambi siamo nati in una famiglia di albergatori, ogni volta che ci trovavamo a discutere certe considerazioni, finivamo sempre alla stessa conclusione.
Non siamo tutti cosí.
E se anche 90 su 100 fossero cosi, noi lavoreremo con gli altri 10.
E mentre lo dicevamo pensavamo ai nostri amici Giuseppe Carbone, Pino Decarlo, Paolo Giacometti, Davide Bondì e gli altri che conosciamo da prima che Albergatore Pro esistesse.
Forse siamo fortunati, non lo so…
O forse Albergatore Pro è la migliore dimostrazione pratica che il giusto messaggio di marketing può permetterti di attirare i clienti che hai scelto.
I tuoi clienti ideali.
Fatto sta che ieri sera all’AperiPro NON abbiamo praticamente MAI parlato di alberghi.
Abbiamo parlato di calcio, di fotografia, di laghi, di orologi, di viaggi e di tutte quelle cose più o meno serie di cui si parla ad una FESTA.
Abbiamo riso, bevuto, ci siamo divertiti ed è stata una FIGATA.
In 3 ore scarse abbiamo distrutto gli ultimi luoghi comuni sugli albergatori sopravvissuti alla rivoluzione Pro.
Eh niente.
Ci tenevo a scrivere due righe per ringraziare personalmente TUTTI i presenti, i padroni di casa Mirca E Denis e gli amici lontani che hanno partecipato comunque con un messaggio o una chiamata.
P.S. Se conosci un albergatore che fa parte di quei 10 su cento, invitalo ad unirsi a noi.
Ti ringrazierà.
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Paghe, padelle che volano e budget che respirano: perché il consulente del lavoro può salvarti l’estate
«Il mio segreto? Decidere in quattro secondi cosa fare, come Mister Wolf in Pulp Fiction».
Alessandro Bascucci, 44 anni, riminese, consulente del lavoro diventato punto di riferimento per oltre trecento hotel in tutta Italia, sorride mentre ricorda le volte in cui è stato convocato d’urgenza in cucina: «Mi chiamano e mi dicono: “Corri, si stanno tirando le padelle!”».
Come passare dalle paghe al pronto intervento?
Vent’anni fa faceva marketing in azienda, poi un amico commercialista gli propose di aprire “l’ufficio paghe”. «Non sapevo neppure cos’era un cedolino», racconta; oggi, invece, elabora 3000 buste paga al mese con una squadra di 18 persone. «Ormai siamo dei dottori che devono intervenire per salvare il paziente: in quattro secondi dobbiamo capire cosa dire, come dirlo e quello che succederà da lì a sei mesi».
Quando va curato il problema?
Bascucci lo ripete come un mantra: «Il primo comandamento è lavorare bene finché ancora il problema non c’è». Significa due cose:
- Organigramma scritto – nero su bianco, ruoli e funzioni di ogni reparto. Senza, in piena stagione, non sai nemmeno quanti addetti hai in sala.
- Budget del personale – lordo azienda, ferie, tredicesima, Tfr. Se calcoli solo il netto, vivi di flussi di cassa falsamente positivi e a novembre scopri di aver speso 10 000 € in più.
Cosa fare quando il Ferragosto trema?
Il caso-limite? Un ammutinamento di camerieri il 13 agosto. Tre ragazzi hanno minacciato di andarsene. Bastava una risposta emotiva sbagliata via WhatsApp per scatenare una vertenza. «Il lavoro del consulente è quello di toglierti il peso: se ne fa carico lui, così tu dormi sereno e lavori - almeno con un occhio chiuso».
Il rapporto con il cliente è importante per capire come gestire al meglio dinamiche complesse: «Ci dobbiamo continuamente immedesimare su chi c'è dall'altra parte, al telefono, per capire veramente le esigenze, quello che sta vivendo. Non facciamo delle buste paghe, noi siamo ormai dei confidenti e quindi dobbiamo essere sempre pronti a intervenire».
Come attivare una “retribuzione intelligente”?
Il capitolo più incompreso è la “retribuzione intelligente”. Molti albergatori ignorano strumenti che riducono il cuneo senza toccare il portafoglio del dipendente:
- Fringe benefit: fino a 1 000 € l’anno (2 000 con figli) in benzina, bollette o affitto, costo 1:1.
- Welfare aziendale: nessun tetto, basta un regolamento interno e va erogato per categorie omologhe – perfetto per premiare i capi partita o il front-office.
- Mance in busta: può essere inserita come voce all’interno del cedolino, sia in formato elettronico che in contanti; l’hotel incassa e gira al collaboratore.
Ma serve organizzazione: «I benefit possono valere 15 000 € di risparmio, ma c’è da fare un lavoro a monte»: occorre raccogliere le ricevute e la tecnologia ci aiuta in questo, ma manca proprio la cultura.
Si può pagare la formazione dello staff?
Altro cassetto dimenticato: i fondi interprofessionali, che si accumulano con i contributi versati ogni mese. Con Forte o Fondimpresa puoi finanziare corsi di formazione al tuo staff, da corsi di upselling al ricevimento a nuove tecniche di pasticceria: dai 5 ai 15 000 € l’anno, azzerando il costo vivo.
Come fanno i consulenti a rimanere a contatto con i clienti?
Per colmare il gap di conoscenza, Bascucci ha aperto un canale broadcast per i suoi clienti: «Non ti dico che è aumentata l’IVA, ti dico cosa può essere utile per la tua azienda». Poi va in hotel: «Starò due ore in ufficio, il resto sono tutte visite»: uscire dall’ufficio e andare dentro l’azienda permette di respirare l’aria dei problemi e di capire come risolverli. Inoltre, è importante anche parlare con lo staff, per cui periodicamente è prevista una visita Q&A con i collaboratori.
La morale per l’albergatore?
Non aspettare la padella che vola.
Abbiamo chiesto ad Alessandro qual è secondo lui il motivo principale per cui un hotel paga più di quello che potrebbe pagare, a parità di numero di dipendenti e di importo netto che eroga.
«Sicuramente la mancanza di conoscenza degli strumenti che un imprenditore può utilizzare, però da ogni problema deve nascere un’opportunità e anche questo può essere in qualche maniera superato». E magari la sera di Ferragosto, invece di spegnere incendi, puoi brindare con gli ospiti.

Proprietà e gestione: divisione tra eredi
Dato che ultimamente mi capita almeno una volta a settimana di affrontare i problemi derivanti dalla questione “eredità”, ho deciso di condividere la mia esperienza nella speranza possa essere utile a qualcuno.
Nella fattispecie, la situazione in assoluto più complessa si verifica quando diversi eredi, che hanno fatto scelte di vita diverse, risultano essere ugualmente soci di una società a cui fanno capo sia la proprietà dell’immobile, sia la gestione alberghiera.
Per prima cosa fughiamo ogni dubbio: tolte le questioni emotive, questa soluzione a lungo termine è assolutamente insostenibile, sia per questioni di responsabilità, che di merito.
Infatti, se da una parte l’albergo può essere considerato alla stregua di una qualunque proprietà immobiliare da dividere equamente, dall’altra è a tutti gli effetti un’AZIENDA da gestire secondo determinati criteri di merito.
La faccio più semplice.
Se ci sono tre fratelli (o due fratelli e un coniuge), ma SOLO UNO gestisce di fatto l’azienda, la cosa giusta da fare è SEPARARE la proprietà dell’immobile dalla gestione alberghiera.
In pratica, l’unico erede che gestisce crea una società di gestione (preferibilmente una S.r.l.) capace di prendere in affitto l’azienda alberghiera, riconoscendo poi alla società proprietaria dell’immobile un canone di mercato (eventualmente al netto di quanto gli spetta per le sue quote dell’immobile).
Esempio: se sul mercato un hotel vale €200.000 di canone, chi lo gestisce crea una società di gestione con la quale paga il canone alla società che detiene l’immobile.
Nel caso in cui, ipoteticamente, fosse proprietario di 1/3 dell’immobile, potrebbe riconoscere un canone pari a €133.000 (200/3*2).
In questo modo il gestore sarebbe totalmente autonomo nelle scelte operative: cambiare o non cambiare le tv, assumere o non assumere il cugino, investire o dividere gli utili.
Allo stesso tempo, gli altri soci percepirebbero una rendita nella forma di canone sufficiente per far fronte al pagamento di IMU e manutenzioni straordinarie.
Se, invece, il canone fosse pagato per intero a causa di rate pregresse particolarmente impegnative, sarebbe doveroso inserire all’interno dello stesso una quota % da destinare al mantenimento dello standard.
A tal proposito, nei contratti di management internazionali, esiste un’apposita clausola definita FF&E (Furniture, Fixture & Equipment) che regola gli standard in termini di impianti, mobili, arredi e attrezzature.
In questo modo una quota del canone viene accantonata ogni anno con lo scopo di creare una riserva finalizzata al mantenimento della competitività della struttura. Il tutto senza creare una ogni volta dispute sulle singole scelte.
In assenza di questo tipo di accordi, la “coabitazione” forzata crea una trafila infinita di fastidi da entrambe le parti che finiscono con il logorare i rapporti fino a trasformarsi in vere e proprie guerre di successione.
Chi non gestisce, infatti, non vorrà mai cambiare il forno “perché quello che abbiamo funziona benissimo”, mentre chi gestisce finirà per accumulare un fastidio inguaribile nei confronti dei fratelli che “in estate vanno al mare mentre io sto qui a spaccarmi la schiena”.
Ovviamente la questione è delicata e va affrontata con il massimo della sensibilità facendosi supportare da professionisti super-partes ma, nel grosso… la soluzione è tutta in questo post.
Ogni tentativo di gestirla in modalità “fatebenefratelli”, per quanto animato da buona fede iniziale, si tramuterà in una faida che finirà per rovinare affari e famiglia.
Poi non dite che non vi avevo avvisato.

Procedure e delega: liberati dal senso di colpa e fai crescere il tuo hotel!
Nella terza Masterclass 2023 abbiamo fatto il punto insieme a 70 albergatori per quanto riguarda lo staff e abbiamo rilevato qualche piccolo miglioramento rispetto al biennio appena trascorso.
Chiariamoci, i professionisti qualificati sono rari come l’acqua nel deserto, le persone continuano ad essere mediamente inaffidabili ma, se non altro, il numero di candidati che rispondono agli annunci cresce sensibilmente rispetto alla carestia assoluta del periodo Covid.
A fronte di tutto ciò, in un contesto dove i prezzi salgono e le prenotazioni continuano ad arrivare, la gestione dello staff ha decisamente scalato la classifica delle priorità per gli albergatori.
Come sempre ci tengo ad essere onesto, la situazione di partenza non è delle migliori…
La maggior parte degli hotel ancora non ha un organigramma, un po’ per scarsa attenzione al problema, un po’ perché la generazione precedente ha tramandato il modello del “tutti fanno tutto” che, se anni fa poteva ancora funzionare (per lo meno in strutture di piccole dimensioni), oggi, con il livello di responsabilità delle nuove generazioni di lavoratori, diventa assolutamente controproducente.
Ecco perché è importante che tutti i collaboratori abbiano chiari i ruoli e il flusso di comunicazione, in modo da sapere a chi rivolgersi quando si presenta un problema.
Sappiamo tutti che in hotel i problemi sono all’ordine del giorno e, se non si chiarisce il flusso di comunicazione, chiunque abbia un problema si rivolgerà direttamente a te, distraendoti da quelle che sono le tue vere priorità.
Altro aspetto fondamentale sono le procedure, ma da questo punto di vista siamo relativamente “fortunati”.
Infatti, per quanto l’hotel sia oggettivamente un sistema complesso, è costituito da 4 reparti principali con funzioni specifiche e complementari: ricevimento, housekeeping, sala, cucina.
Certo, in strutture di grandi dimensioni sono presenti manutentori, giardinieri, può esserci una spa, ma una volta definiti i ruoli e coordinati i 4 settori principali di cui sopra, la spina dorsale dell’organizzazione è fatta e, di conseguenza, gestire i flussi risulta sicuramente più semplice.
Nello specifico, durante i due giorni di Masterclass, abbiamo diviso la classe in gruppi, ognuno dei quali ha lavorato sulle procedure di uno dei 4 reparti, condividendo le diverse esperienze e realizzando una guida che presenta dei principi fondamentali che possiamo considerare uno standard, con le relative declinazioni in funzione delle tipicità strutturali e organizzative.
Come detto, da questo punto di vista andiamo leggermente meglio rispetto all’organigramma, nel senso che molti hotel partono con delle procedure di base che, però, sono solitamente troppo sintetiche o, al contrario, troppo elaborate.
Il problema sta nel fatto che, se le procedure sono troppo sintetiche, richiedono spiegazioni aggiuntive e continue interruzioni del flusso lavorativo. Se, invece, per ogni reparto si crea un vangelo di 30 pagine, il risultato è che il manuale viene letto (forse) il primo giorno di lavoro e poi finisce nel cruscotto della macchina o in un cassetto della scrivania.
Secondo la mia esperienza, il modello più funzionale è un manuale basato principalmente su elenchi puntati e numerati, “modello check-list”, che non superi le 3 pagine per reparto.
A questo, ovviamente, sarà possibile integrare una sezione di video brevi per procedure specifiche tipo: pulire la macchina del caffè, disinserire l’allarme antincendio, sbloccare la cassaforte, impostare il condizionatore.
Dopodiché arriva il momento dell’’applicazione e qui si apre un altro discorso infinito. Infatti, molto spesso, anche chi ha investito tempo per creare un organigramma e guide funzionali, alla prova sul campo risulta allergico alla delega.
Di seguito ti riporto lo schema tipo più diffuso che si ripete più o meno all’infinito:
- creo procedure;
- condivido procedure;
- si presenta un problema;
- un addetto prova a risolverlo (o dice di averci provato) senza riuscirci;
- viene a chiedere aiuto a me direttamente;
- intervengo per risolvere (“perché tanto questo non capisce e faccio prima a farlo che a spiegarlo”).
Ora, se pensi che il processo che ti ho presentato qui sopra sia un’eccezione, ti assicuro che ti sbagli. Te lo dice uno che incontra centinaia di albergatori all’anno e ne visita altrettanti di diversa dimensione e classificazione.
Proviamo a capire insieme i motivi di un malcostume che, più o meno inconsapevolmente, causa danni per decine di migliaia di euro (quando non sono centinaia) ad ogni albergatore che lo commette.
Il primo, per mia esperienza, è costituito dalla confusione nel distinguere urgenze e priorità. Facciamo quindi un breve ripasso.
Urgenza: un’attività che non è possibile rimandare perché richiede di essere risolta immediatamente.
Esempio: un tubo che perde, un condizionatore rotto in una giornata con 40 gradi all’ombra, un ospite che perde un bagaglio pochi minuti dopo l’arrivo.
Priorità: un’attività strategica, di primaria importanza, il cui svolgimento ha un impatto economico ed organizzativo determinante per la gestione dell’hotel.
Esempio: selezione e gestione delle persone, creazione di un piano marketing strategico, gestione dei prezzi, controllo di gestione, pianificazione fiscale.
Ora, nel caso servisse ricordarlo, nella mia famiglia siamo alla quarta generazione di albergatori e so perfettamente che gli esempi riportati nella categoria “urgenze” sono situazioni importanti da gestire con la massima attenzione.
La differenza sta nel fatto che, se sono io il gestore, delle urgenze devo occuparmene occasionalmente (2-3 volte l’anno, 1 volta al mese massimo), mentre delle priorità devo occuparmene personalmente sempre. Per lo meno fino a quando, se le dimensioni della struttura me lo consentono, non sono in grado di delegarle, almeno in parte, a qualcuno che sia altamente specializzato, ma che comunque dovrò affiancare prima e controllare poi.
Qual è il motivo di questa netta distinzione e assegnazione dei compiti?
Solitamente nei master di gestione aziendale si spiega il concetto di valore del tempo.
Esempio: se la mia azienda fattura €1.000.000 in 365 giorni di apertura e io sono responsabile dei risultati, una mia giornata di lavoro vale €2.700. Ora dividi il valore di una giornata per il numero di ore lavorate e trova il valore di una tua ora di lavoro.
Nel caso dell’esempio, se lavorassi 10 ore al giorno, il valore di una mia ora di lavoro sarebbe circa €270.
Capisci bene che se dedico una mia ora di lavoro a fare il manutentore per sbloccare una cassaforte, non sto facendo un impiego intelligente del mio tempo, specialmente se mentre lo faccio sto “rubando tempo” alle mie vere priorità come imprenditore. Per completare il discorso, se un manutentore o un collaboratore costano €15 l’ora per le attività a basso valore aggiunto, delegarle è una mia responsabilità nei confronti dell’azienda che dirigo.
Ora mi sembra già di sentirti…
“Eh, ma io conosco la casa da 30 anni, come lo faccio io non lo fa nessuno”.
Devi creare una procedura e aggiornarla fino a quando, leggendola, i tuoi collaboratori non riusciranno a svolgere la funzione in autonomia.
“Eh, ma io di ore ne faccio 16 quindi al massimo dormo meno, ma faccio tutto”.
Poi non lamentarti se quando passano i momenti di picco sei STREMATO, odi questo lavoro e non riesci più a relazionarti con i clienti. O, ancora peggio, inizi a pagare con la TUA SALUTE.
Riassunto, puoi occuparti dei lavori a basso valore aggiunto SOLO:
- dopo aver gestito le PRIORITA’;
- dopo aver creato delle procedure che permettano ad altri di svolgere quelle attività in tua assenza;
- se ti appagano personalmente e li consideri un hobby (tipo annaffiare le piante in giardino), MA SOLO DOPO AVER RISPETTATO I PUNTI PRECEDENTI.
“Però Gian Marco, il discorso sul valore del tempo lascia il tempo che trova perché anche i miei nonni fatturavano, ma trovavano comunque il tempo per riparare i lavandini, accompagnare i clienti in stazione, servire ai tavoli, etc.”.
Certo, chiaro, ma i tuoi nonni…
- Dovevano leggere e rispondere alle recensioni?
- Dovevano aggiornare le OTA?
- Dovevano gestire i prezzi dinamici?
- Dovevano occuparsi di creare, monitorare campagne di advertising e aggiornare i social network?
- Dovevano investire un budget per cercare il personale, pensare a piani incentivi, benefit e insegnare le basi dell’educazione ai membri dello staff?
- Dovevano configurare e gestire le decine di software che usi quotidianamente per svolgere le attività lavorative?
Te lo dico io… No che non lo facevano, perché lavoravano in un’altra epoca. Un’epoca sicuramente più difficile da un punto di sacrifici fisici, ma assolutamente privilegiata in termini di mercato.
Infatti, fino a 20 anni fa, in Italia gli hotel avevano “i clienti di cittadinanza”. L’unico ostacolo al raggiungimento del fatturato erano la pioggia al mare e la mancanza di neve in montagna, fine.
Ora capisci bene che, con il fatturato “praticamente garantito”, le uniche strategie che facevano davvero la differenza sulla marginalità erano:
- compra solo dai fornitori che costano meno per risparmiare;
- lavora più che puoi per risparmiare sui dipendenti.
In un contesto del genere era assolutamente normale, quasi doveroso, occuparsi di certe cose. Se non lo avessero fatto, di cos’altro si sarebbero dovuti occupare?
Non sto in nessun modo incentivando la nuova generazione di albergatori a trasformarsi in una categoria di colletti bianchi incapaci di avvitare una vite.
Al contrario, per fare l’albergatore serve un forte spirito di sacrificio e il senso pratico ha sempre fatto e sempre farà la differenza.
Per quanto formalmente gli hotel siano aziende di servizi, lavoriamo con “cose e persone”, quindi è obbligatorio mantenere un contatto diretto con la realtà. Questo, però, è un rischio davvero limitato perché la realtà ci sbatte in faccia il promemoria ogni girono.
Il problema caso mai è contrario.
La maggior parte degli albergatori, infatti, sono ancora giornalmente inghiottiti da attività manuali a bassissimo valore aggiunto.
Inoltre, seppur si dimostrino (a bocce ferme) perfettamente consapevoli di questo enorme limite organizzativo, ad un ogni apertura, puntualmente, ricadono nel tunnel dell’operatività.
Così, dal momento che ho troppa stima di certe persone per pensare che lo facciano “per distrazione”, ho investito parecchio tempo ad indagare per capire insieme a loro i veri motivi di questo reiterato malcostume.
E sai cosa è emerso dalle confessioni a microfoni spenti?
Che molto spesso la causa è il senso di colpa.
Quello che succede è che, pur studiando, aggiornandosi e comprendendo l’importanza di creare procedure, delegare e dedicarsi alle priorità imprenditoriali, c’è una vocina nel subconscio che li riporta sempre sulla vecchia strada.
La vocina dice più o meno così:
“Ma se i miei nonni/genitori, che hanno costruito l’hotel, per 30 anni si sono sempre sporcati le mani cucinando, servendo ai tavoli, facendo lavori di manutenzione etc., chi sono io per pensare di gestire l’hotel dalla scrivania dedicandomi solo ai numeri, alle persone e alle attività di concetto?”.
E attenzione, perché qualora non sentano la vocina nella propria testa, spesso ci pensano proprio i suddetti nonni/genitori a mettere in scena una reprimenda cantata in grado di sopprimere le velleità manageriali anche del più audace degli eredi.
“Bene”, sappi che non sei solo. Ora che hai preso coscienza del problema, portandolo dallo stato inconscio allo stato conscio, non puoi più permetterti di ignorarlo.
Devi, il prima possibile, fare un reset della tua impostazione mentale e installare un nuovo mindset perché, oggi, gli hotel che crescono sono quelli guidati da imprenditori, mentre gli albergatori che sono ancora invischiati nell’operatività perdono competitività ogni giorno.
L’eredità di chi ha fondato l’albergo non si onora facendo sacrifici inutili che portano solo a perdere lucidità e a farti odiare il mestiere.
Se vuoi imparare un metodo di comprovata efficacia che ti permetta di migliorare fatturato e margini del tuo hotel, consentendoti di vivere una vita che meriti di essere vissuta, rimani connesso.
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