È l’albergatore che fa l’albergo. Non l’albergo che fa l’albergatore

È l’albergatore che fa l’albergo. Non l’albergo che fa l’albergatore
Booking presenta i Booking Hero 2019: l’Italia si aggiudica il primo premio confermandosi regina dell’ospitalità.
Il premio Booking Hero, ha ricevuto migliaia di candidature per dare ai professionisti del settore dell’ospitalità il riconoscimento dovuto per gli sforzi e la passione dedicati alla buona riuscita (e a volte anche di più) dei viaggi dei propri ospiti.
Dietro ognuna di queste storie si cela il lavoro di un partner che ha fatto davvero il massimo per permettere ai viaggiatori di vivere un’esperienza indimenticabile, creando con loro un legame indissolubile e particolare.
Inutile dire che il premio in questione sposa in pieno la visione di Albergatore Pro che, dall’inizio della nostra avventura mette considera LA PERSONA che guida l’hotel, l’UNICO vero asset a lungo termine di una struttura ricettiva.
In una società liquida, in un mercato che si evolve sempre più velocemente ed è ormai giunto a saturazione, la somma di ATTITUDINE + COMPETENZE di chi gestisce è l’unica cosa che può essere incrementata continuativamente ed esponenzialmente.
A prescindere del contesto.
La faccio più semplice?
L’insieme dei tuoi valori UMANI + le cose che sai fai fare hanno sempre fatto, fanno e FARANNO la differenza rispetto ad un materasso memory o una piscina di due metri più grande.
Quindi, cosa devi fare?
Se vuoi entrare a far parte de gruppo d’elite che si prenderà il mercato nei prossimo 10 anni, NON puoi restare a guardare.
Devi studiare e comprendere il marketing, applicare il controllo di gestione e la pianificazione fiscale.
Il tutto mentre gestisci il tuo gruppo di lavoro e tenti di risolvere i mille casini che ti capitano ogni giorno.
Il punto è che NON puoi farcela da solo.
La buona notizia è che esiste Albergatore Pro.
L’unico corso in Italia che ti permette di salire ad un livello superiore, attingendo dall’esperienza dei migliori esperti in Italia delle specifiche discipline, confrontandoti con centinaia di albergatori illuminati da ogni angolo della penisola.
Imprenditori come te, che saliranno sul palco a raccontare storie di successo, o ti daranno la dritta che stavi cercando durante un coffee break (o al super aperitivo panoramico che abbiamo previsto quest’anno).
C’è un ultima cosa che vorrei ricordarti.
Tra pochi giorni scade l’offerta che ti da diritto al SUPER bonus.
Una lezione sulla vendita diretta tenuta dal consulente delle principali catene internazionali Mr. Doug Kennedy!
Un condensato di TRE ORE di consigli pratici, spunti e strategie che alcuni degli hotel più famosi al mondo, hanno pagato svariate migliaia di euro.
Il tutto GRATIS, incluso nel prezzo del biglietto, fino a scadenza offerta.
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Park Hyatt Milano: il segreto dietro il successo dell’hotel di lusso più iconico della città
Simone Giorgi, il Direttore dell’anno che ha cambiato le regole del lusso a Milano
Certe carriere non nascono per caso. A volte cominciano con una passione innocente, una scintilla che, guardandola a distanza, sembra quasi inevitabile. Nel caso di Simone Giorgi, Direttore del Park Hyatt Milano e fresco vincitore del prestigioso premio internazionale Hotelier of the Year assegnato dal network Virtuoso, tutto è partito dal bar.
Già da ragazzo, infatti, Simone era affascinato dal mondo degli alcolici e dalla ristorazione, tanto da iscriversi all’alberghiero e ritrovarsi, giovanissimo, a lavorare all’Enoteca Pinchiorri di Firenze, allora due stelle Michelin (oggi tre). Ma il vero colpo di fulmine arrivò davanti alla TV, guardando Love Boat: eleganza, ambienti raffinati, ospiti impeccabili. Da quel momento, il mondo dell’hôtellerie di lusso divenne la sua missione.
Dall’etichetta rigida al lusso accessibile
Con oltre 40 anni di carriera, Simone Giorgi è testimone diretto dell’evoluzione del settore. «Una volta il lusso era riservato a poche famiglie facoltose, con comportamenti ben codificati. Chi non apparteneva a quell’élite si sentiva fuori luogo», racconta. Oggi, invece, il lusso è più accessibile, non tanto dal punto di vista economico, quanto culturale. Social media, viaggi e maggiore apertura mentale hanno reso certi ambienti più inclusivi.
Questo cambiamento si riflette anche nell’abbigliamento: se un tempo la giacca e la cravatta erano obbligatorie per accedere ai ristoranti di alto livello, oggi si punta più sull’atteggiamento che sull'outfit. «L’abito non fa più il monaco, e chi lavora in hotel deve saper riconoscere il vero valore di chi ha di fronte, senza lasciarsi ingannare dalle apparenze», sottolinea Giorgi.
Un hotel da record a Milano
I numeri del Park Hyatt Milano parlano chiaro: occupazione media oltre il 90% e tariffe che superano i 1.200 euro a notte, con un RevPAR che lo posiziona al primo posto in città. Il segreto? Un mix di ristrutturazione profonda (oltre 30 milioni di euro di investimento) e una strategia mirata sul posizionamento di prodotto, più che sul semplice incremento dei volumi.
Milano, con la sua trasformazione post-Expo, è diventata una delle capitali europee del lusso e il Park Hyatt si distingue puntando su un elemento spesso sottovalutato: il team. «La nostra forza è la personalizzazione del servizio e la stabilità dello staff. Il turnover è basso, e questo garantisce continuità e qualità», spiega Giorgi.
Il valore del capitale umano
Oggi il Park Hyatt Milano vanta un rapporto di oltre 2,2 dipendenti per camera, ben sopra la media, segno di un’attenzione maniacale al servizio. «Investire sulle persone è la chiave. Nelle selezioni, il valore umano conta più del curriculum. Cerchiamo persone gentili, collaborative, con voglia di crescere. Le competenze tecniche si imparano, ma l’attitudine no», afferma.
Il risultato è un clima di lavoro sano, dove ogni traguardo viene vissuto come un successo collettivo. Lo dimostra il riconoscimento di Virtuoso, vissuto non come un premio individuale ma come il risultato di un impegno corale.
Guardare avanti: giovani e futuro dell’hôtellerie
Nonostante i traguardi raggiunti, Simone Giorgi guarda al futuro con lucidità. «Siamo tutti responsabili nel trasmettere ai giovani ciò che abbiamo imparato. È il momento di restituire. I ragazzi di oggi sono brillanti e veloci, ma hanno bisogno di fiducia e di essere guidati. Un vero leader crea altri leader», conclude.
Ed è questo il messaggio più potente per chi lavora nell’ospitalità oggi: il vero lusso, forse, è proprio investire sulle persone.

Hotel familiare: la crisi del passaggio generazionale
Uno dei temi più complessi in assoluto legati alla gestione di un hotel familiare è sicuramente il passaggio generazionale.
A tal proposito, anche quest’anno diversi aspiranti imprenditori si sono rivolti a noi in cerca di supporto.
Ora, nella maggior parte dei casi si tratta di ragazzi educatissimi e assolutamente ben disposti a rispettare la famiglia e fare la propria parte per conquistarsi un ruolo nel tempo. A volte, invece, arrivano carichi di frustrazione perché “soffocati” da una gerarchia troppo stringente che impedisce loro di crescere gradualmente nel proprio percorso imprenditoriale.
Come detto, si tratta di una situazione difficile, ad alto carico emotivo, con conseguenze che possono letteralmente mandare al tappeto anche le realtà più strutturate (oltre alle persone che ne fanno parte).
Sarò più specifico: ho visto più hotel saltare per un mancato passaggio generazionale, che a causa di errori “tecnici”.
Partiamo quindi dalle basi per fare un po’ di chiarezza.
Imprenditori non si diventa per “discendenza”.
Non basta avere un padre o una madre albergatori, ereditare un immobile e una partita iva per acquisire la qualifica. Questo passaggio è tanto banale quanto controintuitivo perché le competenze si acquisiscono con la pratica, il tempo e gli errori.
Altra cosa importante da capire è che non si tratta solo di competenze tecniche come marketing, revenue e controllo di gestione poiché, in realtà, la singola competenza che un imprenditore di successo deve padroneggiare è quella di “prendere decisioni”. Qui la faccenda si complica perché, per imparare a prendere decisioni, serve “un muscolo” che si allena… Prendendole.
Proprio per questo tu non sarai un imprenditore finché non imparerai a misurarti con i risultati e le conseguenze delle tue decisioni, ma allo stesso tempo non imparerai mai se non te le lasciano prendere.
Come si risolve quindi? Bella domanda.
Partiamo dal dire come NON si risolve (perché purtroppo l’ho visto centinaia di volte).
Non si risolve trattando gli eredi come bambini fino ai loro 50 anni, impedendogli di sbagliare, imparare e guadagnare autostima.
Non si risolve, da parte di chi subentra, pensando di aver capito tutto prima di iniziare perché “i vecchi ormai sono bolliti”.
Mi dispiace dirvelo (è contro il mio interesse), ma davvero non basta aver partecipato a due corsi e aver letto due articoli on-line per avere tutte le risposte.
E’ molto più complicato di così. La transizione deve avvenire in maniera graduale.
Le nuove generazioni devono esplorare, studiare, imparare e portare nuove idee in casa, consapevoli di non poter cambiare con un click un metodo (giusto o sbagliato che sia) applicato da anni.
La vecchia guardia deve concedere uno spazio, un reparto, un ambito di competenza dove i giovani possono sperimentare e misurarsi con i risultati delle proprie scelte, senza compromettere l’andamento generale di un’azienda.
Tutto questo va fatto presto. Non si può rimandare il processo per decenni.
Le aziende, per essere proiettate nel futuro, hanno bisogno di nuova linfa, energie, coraggio e quel pizzico di incoscienza che, oltre ad una certa età, si riduce fisiologicamente. Purtroppo, invece, il continuo spirito di protezione genitoriale fa danni che a volte diventano irreversibili. Questo perché, se l’erede 50enne di un’attività che fattura qualche milione deve chiedere il permesso per un investimento di poche migliaia di euro, non svilupperà mai quell’autonomia decisionale necessaria per prendere il timone quando sarà obbligato a farlo.
Ecco perchè il “vecchio re”, per quanto animato dall’animal istinct che gli ha permesso di ottenere risultati negli anni, deve capire che arriva un momento in cui deve gradualmente defilarsi, interpretando il ruolo di prezioso consigliere, per vedere crescere l’azienda guidata da qualcuno che ne sviluppi il potenziale tramandandone i valori nel tempo.

Perché non basta un algoritmo per far crescere il tuo hotel nell'era del cuore?
Se non ti è immediatamente chiaro il titolo di questo post significa che non hai partecipato all’ultima edizione di Albergatore Pro… E questo è male! 🙂
Soprattutto perché ti sei perso l’occasione di assistere ad uno degli speech più sentiti di sempre, durante il quale lo psicologo Luca Mazzucchelli ci ha parlato di come prosperare nell’era del cuore.
Ora, prima che lo scetticismo ti imbruttisca, ho deciso di scrivere un post per spiegarti come applicare, nel concreto, uno degli insegnamenti ricevuti e toglierti subito dalla testa l’idea che ad Albergatore Pro ci crogioliamo con definizioni da Baci Perugina.
Facciamo un breve riassunto.
Secondo la teoria evoluzionistica del nostro Luca, la società occidentale ha attraversato 3 diverse ere economiche contraddistinte da 3 diversi fattori chiave:
- L’era del corpo: per millenni, nel mondo del lavoro, la differenza l’ha fatta il fisico. La forza motrice data dall’impiego di braccia ha generato il proletariato e la visione di mettere al mondo figli per aumentare la forza lavoro e, quindi, il benessere delle famiglie.
- L’era della mente: con la seconda rivoluzione industriale, l’occidente estende e consolida la propria presenza nel mondo. Il suo prestigio si fondava sulla superiorità nel campo scientifico e tecnologico, oltre che sulla potenza industriale e capitalistica.
- L’era del cuore: con internet e la terza rivoluzione industriale, la tecnologia cresce esponenzialmente fino a generare l’intelligenza artificiale e, di fatto, l’algoritmo si sostituisce all’uomo anche per compiti concettuali (prossimamente parlerò di chat gpt). Nasce così l’era del cuore, con le persone che fanno la differenza rispetto a bot e robot grazie alla capacità di provare, comprendere e gestire emozioni.
Ok Gian Marco, interessante questo trattato sociologico, ma io cosa me ne faccio per gestire il mio hotel?
Andiamo dritti al punto.
Come avrai notato, siamo in piena fase di inflazione con il record storico dal 1984 che si aggiorna di mese in mese. I prezzi, di qualunque cosa, aumentano.
In un contesto simile, per chi gestisce un’attività, aumentare i prezzi non è una velleità, è questione di sopravvivenza. Al contempo il turismo vola e l’incremento prezzi degli hotel in Italia viaggia ad una velocità quasi doppia rispetto all’economia generale (mediamente abbiamo registrato un + 10/15% dal 2021 al 2022).
Ma sapete cosa? La corsa al rialzo non è finita.
I previsionali mostrano come, durante l’inverno appena trascorso, gli hotel in montagna abbiano venduto di nuovo ad un +10/15% sull’anno precedente. Per chi lavora con il turismo internazionale, con una booking window più ampia, i dati sulla prossima estate confermano la tendenza.
Per far fronte a questa ascesa e non perdere opportunità, centinaia di albergatori si stanno dotando di software per la gestione automatica o semi-automatica delle tariffe (RMS). In pratica, questi software si affidano ad un algoritmo che incrocia storico, previsionale, pressione della domanda, prezzi dei competitor e ritmo delle prenotazioni per elaborare un’ipotesi di prezzo.
La verità? Sono sempre più precisi.
Tuttavia, i dati e le elaborazioni NON sempre vengono sfruttate a pieno da chi utilizza gli strumenti.
Facciamo un esempio pratico con numeri provenienti dalla strada.
A Positano la crescita negli ultimi 3 anni è stata da record.
Ora però, sapete cosa blocca gli albergatori dall’applicare tariffe che superano frequentemente i €1.000 a notte? Il pudore, la vergogna, il senso di inadeguatezza.
Mi spiego meglio.
Nella maggior parte dei casi si tratta di alberghi strutturalmente competitivi gestiti con grande professionalità da famiglie che hanno fatto dell’ospitalità la propria missione da tre generazioni. Ciononostante… Il blocco sta tutto nell’emotività di chi gestisce e ha grande difficoltà ad aggiornare nella propria testa il valore del proprio hotel o, se preferite, dell’esperienza che offre ai propri ospiti rispetto ai valori di mercato.
In pratica il ragionamento è molto semplice: “Io Gian Marco mi vergogno di vendere a €1.200 le stesse camere che due anni fa vendevo a €7-800”.
Bei problemi, penseranno molti di voi, ma, a prescindere dal valore assoluto, ragionamenti simili sono diffusi praticamente in tutta Italia. L’algoritmo suggerisce un dato: le emozioni di chi poi deve ricevere gli ospiti al check-in mettono un freno.
Ora, premettendo che il principio è nobile e a casa propria ognuno applica le regole che vuole, è giusto sottolineare che, non attuando gli incrementi che il mercato sarebbe pronto ad assorbire, l’effetto sarà un’immediata riduzione della MARGINALITA’.
E sapete perché?
Perché chi vi vende il pesce, la lavanderia e i vostri dipendenti non avranno lo stesso pudore e vergona quando sarà il momento di trattare le nuove condizioni.
Quindi? Come si risolve?
In primis c’è da fare un lavoro di separazione tra l’hotel, inteso come azienda, e la propria emotività. Nessuno dice di vendere a prezzi assurdi correndo il rischio di subire un’importante calo di reputazione. Al contempo, non saranno 1-2-3 recensioni negative su 100 a definire come scadente il vostro lavoro.
Mentre lavorate su questa “separazione” però, sappiate che in alcuni hotel abbiamo risolto il problema in modo facile e indolore dividendo le competenze.
Chi fa i prezzi non fa i check-in, chi fa i check-in non fa i prezzi.
Perché ricordatevi sempre che, nella maggior parte dei casi, in un’epoca di crescente consapevolezza digitale, chi prenota un hotel ha capito perfettamente dove si trova, i servizi offerti, come sono fatte le camere e quali sono i riferimenti di destinazione. Quindi, al momento della prenotazione, salvo rari casi, chi prenota ha già accettato il prezzo come ok e con molta più serenità rispetto a voi.
Detto questo, gestire le proprie emozioni è una competenza DECISIVA, non soltanto per la gestione delle tariffe.
E’ decisiva per il passaggio generazionale, per il rapporto con i collaboratori ed ospiti.
L’era del cuore è già qui, perciò o ne prendi atto e fai un upgrade delle tue competenze mettendo in discussione i tuoi principi gestionali, oppure vedrai ridurre i tuoi margini anno dopo anno.

Chiudere il ristorante: scelta della vita o scorciatoia per l'inferno?
Il concetto è davvero troppo complesso per essere affrontato. Tuttavia, proverò comunque a darti dei riferimenti frutto di 15 anni di esperienza.
Primo fattore: la “riviera romagnola” NON esiste.
Mi spiego meglio. Gli anni ‘90 sono finiti da un pezzo e la segmentazione di mercato oggi è sempre più netta. Quello che puoi fare a Milano Marittima, Riccione e Cesenatico, non è uguale a quello che puoi fare a Pinarella, Miramare o Gatteo a Mare.
Ovviamente questa distinzione è sempre esistita ma, se parliamo di B&B, alcune destinazioni sono ricettive, altre meno. Alcune destinazioni reggono un prezzo SOSTENIBILE. Altre NON lo reggono.
Quindi, a prescindere che il vostro hotel sia in Romagna o qualunque altro distretto turistico, la prima cosa da chiedersi è: la mia destinazione attira naturalmente una domanda in B&B? Quali sono i riferimenti di mercato in termini di retta media?
Secondo fattore: dimensione dell’hotel.
In B&B aumentano i margini in percentuale, ma DIMINUISCONO in valore assoluto (euro in tasca a fine anno).
Logica conseguenza: con 15 camere hai un guadagno, con 50 un altro guadagno. Attenzione perchè questo concetto NON è lapalissiano come sembra. La differenza è RADICALE: con 50 camere ci mantieni una famiglia, con 15 NO.
Terzo fattore: struttura.
La formula pensione completa trasforma il soggiorno in un’esperienza fatta di servizi e riduce l’impatto della struttura nel giudizio complessivo. Tradotto: se proponi la formula “settimana pensione completa” con cucina e animazione, puoi competere anche camere modeste e struttura non modernissima (eufemismo).
Se la struttura è uno dei due fattori (insieme alla colazione) che l’ospite giudica, l’impatto del singolo fattore cresce significativamente. Gli ospiti che prenotano B&B scelgono strutture migliori e giudicano in modo più critico quelle non competitive, oppure scelgono le strutture che costano poco. Troppo poco.
Quarto fattore: obiettivi PERSONALI.
Ogni imprenditore ha una propria legittima idea di realizzazione e guadagno.
Un ragazzo di 25-30 che comincia oggi e ha tutta la vita e la carriera davanti, solitamente ambisce a guadagnare il MASSIMO possibile per realizzare i propri scopi personali (casa, famiglia, beni materiali).
Un imprenditore di 50 con 25 anni di sacrifici e guadagni alle spalle può accontentarsi di guadagnare meno, riducendo rischi e migliorando la propria qualità di vita, dedicandosi anche ad altro.
Quinto fattore: RAPPORTO COMPLESSITÀ/GUADAGNO.
Gestire un hotel in Romagna è sempre stato relativamente “facile”. Nel senso che una volta compresi i principi di base di ospitalità e vendita, parliamo di un mestiere che, negli anni, ha arricchito anche persone che in altri settori non sarebbero state considerate il profilo dell’imprenditore illuminato.
Questo non significa che sia un mestiere per tutti. Al contrario.
Se dovessi indicarti la miscela di caratteristiche che distingue un albergatore “ricco” da un albergatore “povero” ti direi 50% capacità e 50% spirito di sacrificio.
Nel senso che per quanto il mestiere obiettivamente non richieda una laurea in ingegneria, è altrettanto vero che la formula con ristorante con relative incombenze e gestione di clienti, collaboratori e fornitori, impone ritmi e sacrifici che sono assolutamente insostenibili per il 90% delle persone che giudicano da fuori al grido di “eh ma gli albergatori lavorano 3 mesi all’anno”.
Prova te e farlo per 14 ore al giorno per 120 giorni di fila sopportando lo stress che devi sopportare.
Detto questo, negli ultimi anni lo scenario economico e sociale ha portato due conseguenze principali che hanno modificato nettamente requisiti e aspettative degli addetti ai lavori:
1. Il mestiere è sempre più difficile e oggi richiede competenze di marketing e controllo di gestione che 20 anni fa facevano la differenza tra guadagnare MOLTO e guadagnare bene, oggi fanno la differenza tra guadagnare e NON guadagnare.
2. Le nuove generazioni di albergatori sono lo specchio della della società in cui viviamo, compresi i dipendenti che tanto critichiamo, e sono legittimamente meno disposti a fare sacrifici. Il che è sacrosanto. L’importante è che giudichiamo le cose per quello che sono.
In sintesi, gestire un albergo in B&B ha una soglia ingresso più bassa in termini di competenze (devi saper fare meno cose), ma più alta in termini strutturale (devi avere una struttura competitiva).
Gli alberghi in B&B GUADAGNANO MENO rispetto agli alberghi con ristorante e, se sentite casi di albergatori che hanno chiuso il ristorante e ora guadagnano MEGLIO, è perché il ristorante NON erano in grado di gestirlo come un’azienda.
Questo semplicemente perché il ristorante, come qualsiasi altra azienda, prevede la vendita di servizi aggiuntivi che devono essere progettati per garantire una marginalità.
Allo stesso modo, se sentite di albergatori che, dopo aver chiuso il ristorante, hanno speso un milione (o più) per ristrutturare prima di passare al B&B, hanno fatto sicuramente bene ma, al netto delle competenze di cui sopra, avrebbero SICURAMENTE guadagnato di più con la struttura nuova e la formula vecchia.
In conclusione, le domande che devi farti prima di decidere sono le seguenti:
1. Qual è il prezzo di riferimento del b&b nella MIA destinazione?
2. Quante camere ha la mia struttura? Qual è il fatturato potenziale? Il guadagno ipotetico è sufficiente per soddisfare il fabbisogno economico mio/della mia famiglia?
3. In che stato si trova la mia struttura? Sarebbe competitiva per ospiti che possono soggiornare anche solo una notte e giudicare l’esperienza anche e soprattutto per ambienti e arredi?
4. In che fase mi trovo della mia vita/carriera? Voglio massimizzare i guadagni o dedicarmi di piu ad affetti e obiettivi personali?
5. Sono disposto a mettermi in gioco ed acquisire le competenze che OGGI mi mancano per trasformarmi da albergatore ad imprenditore, sapendo che questo comporta anche scelte difficili e preoccupazioni o per me la cosa importante è vivere il mestiere con leggerezza e godermi la relazione con i clienti?
Solo una volta analizzata nel dettaglio la situazione da tutti i punti di vista, troverai la TUA risposta.
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