Tour Operator: cimitero degli elefanti o possibile opportunità di business?

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Tour Operator: cimitero degli elefanti o possibile opportunità di business?

Le due domande chiave che devi farti per valutare se lavorarci o meno (senza farti condizionare dai luoghi comuni).

Come ogni hanno, nel corso dei mesi, centinaia di albergatori valutano, tra le varie opzioni, anche la possibilità di firmare contratti con tour operator più o meno noti.

Visti i dubbi espressi, mi rendo conto che la questione “tour operator” è una di quelle che crea vere e proprie fazioni ideologiche.

  • “i tour operator sono morti”;
  • “i clienti me li compro da solo su google”;
  • “li ho lasciati anni fa, tanto vendono solo quando riuscirei a vendere anche direttamente”.

Dall’altra parte:

  • “la diversificazione è alla base di un piano marketing efficace”;
  • “nei periodi di bassa, senza gruppi sarei vuoto”;
  • “alcuni mercati, da solo, non li raggiungerei mai”.

Come sempre NON esiste una risposta giusta o sbagliata in senso assoluto.
Per fortuna però, esistono dei principi comuni che devono essere applicati da tutti per prendere la giusta decisione.

Premessa ovvia: i tour operator non sono morti.

Il mercato ha subito una rivoluzione copernicana (come tutto del resto). Alcuni colossi sono crollati (Thomas Cook docet), altri hanno modificato il modello di business (Tui), altri si sono specializzati e altri ancora sono nati direttamente verticali (abbiamo parlato in passato del fenomeno “weroad”).

Come valutare quindi se lavorarci o meno?

Per mia esperienza, mettendo da parte la spocchia di alcuni albergatori che vendono solo DIRETTAMENTE, agevolati sia da una stagionalità XXS (non più di 100 giorni in alcuni casi), sia da una clientela 100% italiana, esistono due domande chiave da farsi per prendere la decisione giusta.

1) Questo tour operator mi permette di entrare in un mercato dal potenziale interessante al quale non riesco ad accedere direttamente?

Di seguito riporto alcuni esempi:

  • nella mia destinazione ci sono stranieri che NON scelgono il mio hotel?
  • La mia destinazione si presta particolarmente per turisti bike, ma io non li raggiungo?
  • Il mio hotel ha un potenziale mercato wedding che al momento è limitato solo ad un target italiano che ha minore propensione alla spesa e maggiori esigenze?

In questo caso, se ho la percezione (da misurare) che un determinato tour operator sia in grado di aprirmi le porte ad uno dei mercati sopra citati, è giusto testare.

Ovviamente, il consiglio è definire un allotment intelligente, con la possibilità di sacrificare anche alcune camere in periodi dove ho già un’occupazione eccellente, perdendo qualcosa nel breve termine per sviluppare un potenziale inesplorato.

2) Il tour operator che sto valutando può consentirmi di vendere periodi nei quali ho difficoltà a vendere direttamente (tipicamente la bassa stagione) a prezzi che mi consentono comunque di avere una marginalità ragionevole?

Se la risposta è sì, ha senso testare, con la stessa possibilità di sacrificare un piccolo contingente camere anche in periodi dove abitualmente riesco a lavorare direttamente (compensando con un incremento prezzo sugli individuali agevolato da un minore contingente camere da vendere).

Ecco, queste sono le due domande chiave alle quali rispondere per valutare professionalmente la possibilità di accettare determinati contratti.

Detto questo, il marketing è un gioco di test, quindi ha senso provare per massimo 2-3 anni, misurando i risultati complessivi e stabilendo se continuare ad investire o meno (perché si, anche le commissioni sono a tutti gli effetti un investimento).

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